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Eventi | 11 ottobre 2019, 19:49

“L’impegno di oggi è cruciale”, Mercalli lancia un nuovo monito sul riscaldamento globale

Mercalli denuncia la pericolosità dei negazionisti dei cambiamenti climatici ed esorta a prendere oggi delle scelte sul futuro prima che sia troppo tardi

“L’impegno di oggi è cruciale”, Mercalli lancia un nuovo monito sul riscaldamento globale

"Il tempo è davvero scaduto". Esordisce cosi Luca Mercalli, noto climatologo e meteorologo parlando dei cambiamenti climatici, durante il Convegno “Aria e clima: sfide odierne e prospettive future” che si è tenuto ieri, giovedì 10 ottobre, alla Biblioteca Nazionale di Torino.

Lo scienziato ha descritto la situazione attuale sottolineandone la gravità e schierandosi in modo netto e deciso contro chi davanti all’evidenza continua a negare che ci sia un’emergenza in atto. Il fatto che il mese di maggio sia stato tra i più freddi degli ultimi 30 anni, ha spostato l’attenzione dal problema ed in tanti hanno messo in dubbio che i cambiamenti climatici siano una realtà, tuttavia, se si smettesse di analizzare i dati solo su base nazionale e locale ci si accorgerebbe che, fatta eccezione per l’Europa occidentale, nel resto del mondo le cose sono andate in modo decisamente diverso.

Maggio 2019 è stato, infatti, tra i tre più caldi degli ultimi 100 anni e, in generale ne è seguita un’estate con grandi anomalie. Per quanto riguarda la media globale della temperatura è in forte ascesa già a partire dal 1850 e dagli anni novanta poi si è registrata una forte impennata tanto che, nell’ultimo secolo si è alzata di 1 gradi e di uno 1,2 gradi se lo aggiorniamo con i dati degli ultimi mesi.

"Quando sentiamo ripetere che in età romana e durante il medioevo c’era più caldo - continua Mercalli - abbiamo spesso un problema di senilità di chi lo denuncia, a ripeterlo sono solo vecchi tromboni universitari che non si sono più aggiornati con quanto viene pubblicato recentemente sulla letteratura di settore". I dati più aggiornati di cui si dispone oggi, ha spiegato il climatologo, non nascono da un singolo ricercatore, ma da un consorzio di ricerca enorme per la ricostruzione delle temperature degli ultimi 2000 anni. Si tratta di informazioni scientificamente verificabili che provengono ad esempio dagli anelli di accrescimento degli alberi, dai pollini fossili, dagli isotopi di vari elementi,  dai resti di microfauna lacustre e oceanica.

"E’ vero che ci sono delle incertezze", continua Mercalli, "ma dall’anno zero, dall’epoca romana fino ad arrivare all’anno 1000/1100 c’è stata una sostanziale stabilità della temperatura, a cui è poi seguita una piccola età glaciale in seguito alla quale la temperatura ha ricominciato a risalire fino a riprendere i suoi normali valori. Questi ultimi 30 anni sono stati al di fuori della variabilità termica naturale del clima. Basta con queste favole. Tutti gli sforzi della politica e dell’economia dovrebbero essere volti in questo senso".

Quella del 2019 è stata la 4 estate più calda della nostra storia meteorologica. Già a partire dal 2003 tutte le estati sono state al di sopra dei valori noti precedenti e le città padane si sono trasformate nel XXI secolo, assumendo sempre più caratteristiche tropicali, basti pensare che a Torino, un anno su tre la colonnina di mercurio ha raggiunto i 40 gradi e livelli di umidità relativa molto elevati, mettendo così a repentaglio la salute dei cittadini.

Anche settembre non è stato da meno tanto da poter essere considerato insieme al precedente giugno e luglio il più caldo nella storia dei rilevamenti metereologici globali. "In una sola estate abbiamo inanellato tre record mondiali". Agosto si è comunque piazzato al secondo posto.

Ci sono stati poi anche tutta una serie di record europei e mondiali, ad esempio, in Alaska il 4 luglio si è raggiunta la temperatura record di 32 gradi. Per non parlare degli incendi scoppiati in Siberia, causati dai fulmini caduti su foreste che normalmente sono umide, ma che a causa del riscaldamento ora sono secche e dunque facilmente infiammabili. I nostri ghiacciai hanno subito nuove imponenti perdite, l’arco alpino occidentale con i grandi gruppi del Gran Paradiso, del monte Rosa e del monte Bianco hanno visto diminuire di addirittura due metri lo spessore del ghiaccio nelle alpi meridionali, mentre sul versante italiano si è avuta una perdita di 1,50/ 1,70 metri di neve.

Lo scenario globale impone dunque delle scelte da attuare ora. "L’impegno di oggi è cruciale - ha concluso Mercalli - o si fa adesso o si apre la strada ad un cambiamento irreversibile che le generazioni future pagheranno senza possibilità di correggerlo".

Maria La Calce

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