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Economia e lavoro | 08 aprile 2020, 14:36

I corsi di massaggio riconosciuti dal Coni esistono davvero?

Tra le tante informazioni che si possono trovare sul web a proposito della professione del massaggiatore, si legge spesso di corsi di massaggio riconosciuti dal Coni. Si tratta, però, di una fake news

I corsi di massaggio riconosciuti dal Coni esistono davvero?

Tra le tante informazioni che si possono trovare sul web a proposito della professione del massaggiatore, si legge spesso di corsi di massaggio riconosciuti dal Coni. Si tratta, però, di una fake news, dal momento che corsi di questo tipo non esistono. Il motivo è presto detto: il Coni, cioè il Comitato Olimpico Nazionale Italiano, non c’entra niente con i massaggi di benessere e la formazione relativa. Non esiste alcuna formazione per operatori olistici che possa vantare il riconoscimento del Coni ed è bene diffidare di quelle realtà che parlano di corsi di massaggio riconosciuti dal Coni.

A chi affidarsi: l’Accademia Italiana Massaggi

L’Accademia Italiana Massaggi permette di seguire corsi massaggio riconosciuti non direttamente dal Coni (poiché, come si è visto, il Coni non ha niente a che fare con questo settore), ma dall’Asi, che è un ente di promozione sportiva che, questo sì è riconosciuto dal Coni. Come riporta con precisione il sito dell’Aim, quella del massaggiatore è una professione che per il momento non è ancora riconosciuta: è preferibile, quindi, frequentare un corso che, una volta superato l’esame finale, permetta di ottenere un diploma riconosciuto. Ogni anno i corsi di Aim attirano l’attenzione di osteopati e fisioterapisti, ma anche di semplici appassionati interessati a conoscere da vicino le tecniche di massaggio. Lo scopo dell’accademia è quello di fare in modo che il maggior numero di persone possibile entri in contatto con la cultura del benessere e del massaggio. I corsi sono organizzati a Milano, a Roma, a Bologna e in molte altre città italiane.

La situazione nel nostro Paese

In questo momento in Italia è prevista una distinzione netta tra i massaggi del benessere e i massaggi terapeutici. Questi ultimi, a norma di legge, possono essere eseguiti unicamente dagli operatori sanitari, vale a dire dai massaggiatori capi bagnino, dai massofisioterapisti e dai fisioterapisti. Per poter eseguire un massaggio terapeutico è necessario aver frequentato un corso di laurea ad hoc o al massimo un corso di formazione in un istituto accreditato della durata di due o tre anni.

Il massaggiatore del benessere

Per quel che riguarda la figura del massaggiatore del benessere, invece, è necessario sapere che allo stato attuale non è previsto in Italia un percorso ufficiale che consenta di diventare massaggiatori professionisti. Neppure le Regioni, dunque, possono millantare di essere in grado di rilasciare un attestato che sia riconosciuto dal Coni. Secondo quanto indicato dal Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, chi intende lavorare in qualità di massaggiatore del benessere lo può fare senza che sia necessario iscriversi a un albo: il Codice Civile e la Costituzione, infatti, tutelano tutte le forme di lavoro a condizione che esse contribuiscano al concorso delle spese pubbliche e non arrechino danno. Anche quando un lavoro non è regolato da norme, non c’è bisogno di un riconoscimento ufficiale.

Cosa bisogna fare per diventare massaggiatori professionisti

Chi ha intenzione di lavorare come massaggiatore olistico o professionista del massaggio del benessere psicofisico deve prendere come riferimento normativo le indicazioni contenute nella legge 4/2013, che riguarda tutte le professioni per cui non è previsto un albo: c’è bisogno, comunque, sia di una formazione iniziale che di aggiornamenti successivi tali da assicurare una formazione permanente. Che si voglia seguire un corso di massaggio sportivo, un corso di massaggio ayurvedico o qualsiasi altro corso, questo è tutto ciò che è necessario sapere per iniziare a operare.

Cosa dice la legge

Quella svolta dal massaggiatore del benessere è una professione che si può ritenere legittima in base agli articoli 3, 4, 35 e 41 della Costituzione, ma anche secondo quanto indicato dall’articolo 2222 del Codice Civile.

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