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Economia e lavoro | 05 ottobre 2020, 11:50

Il rimbalzo c'è, ma è troppo basso. Api Torino: "La luce non si vede ancora". Cassa per più di un'azienda su tre

Il presidente Alberto: “Registrati leggeri miglioramenti che non eliminano le preoccupazioni. Tutti gli indici sono ancora negativi. Urgente un cambio di passo nella politica locale e nazionale”

Il rimbalzo c'è, ma è troppo basso. Api Torino: "La luce non si vede ancora". Cassa per più di un'azienda su tre

Qualcosa si muove, ma non abbastanza per restituire l'ottimismo alle piccole e medie imprese di Torino e provincia. A certificarlo è la Api Torino, che ha diffuso l'ultima edizione della sua analisi congiunturale.
 

I numeri raccontano che la situazione delle piccole e medie imprese torinesi migliora leggermente, ma è ancora molto al di sotto delle condizioni pre-Covid-19. Migliora anche il grado di fiducia, seppur con indici ancora tutti negativi. “Si tratta – dice Corrado Alberto, presidente di Api Torino -, del segno evidente della volontà di resistere e di andare avanti da parte delle imprese. Quanto è stato fatto fino ad oggi dalle Istituzioni ha certamente aiutato, ma non rappresenta però la soluzione alla serie di problemi che le aziende devono affrontare. Occorrono ulteriori sgravi fiscali oltre che sostegni dedicati alle esportazioni e all’innovazione”.

“Il grado di fiducia degli imprenditori rimane ampiamente negativo, ma in recupero rispetto a 3 mesi fa, quando le preoccupazioni per una nuova fase di chiusura delle attività erano maggiormente diffuse - prosegue Alberto -. Il graduale riavvio delle attività economiche a partire da maggio 2020 e la parziale ripartenza congiunturale nel terzo trimestre lasciano auspicare in una chiusura d’anno meno drammatica di quanto ipotizzato a luglio 2020”.

“Tutti gli indicatori osservati – spiega Fabio Schena, direttore dell’Ufficio Studi che ha condotto l’indagine -, registrano saldi previsionali negativi; ciò significa che complessivamente il sistema economico torinese non ha recuperato le ampie perdite subite nella prima parte dell’anno. Inoltre, una quota rilevante degli imprenditori (oltre il 35%) si attende un ulteriore peggioramento dei livelli di ordini e fatturato”.


Fiducia per uno su quattro, ma resta la cassa integrazione
Scorrendo le cifre, si scopre che tra le imprese consultato il 26,9% delle imprese si mostra ottimista, ma il 42% è ancora pessimista sul futuro. Le preoccupazioni maggiori appartengono alle imprese con dimensioni più ridotte (fino a 9 addetti), e in quelle che operano solo per il mercato italiano.

L’indagine indica un ulteriore calo, rispetto a giugno 2020, che per la produzione è pari al -2,2%, per gli ordini al -4,3%, per il fatturato al -7,6%.  Il 59,3% degli imprenditori dichiara di avere un portafoglio ordini fino a 30 giorni.

Per quanto riguarda il lavoro, ad oggi il 32% delle imprese ha dichiarato di fare ricorso alla Cassa Integrazione, mentre il 40,5% prevede di farne ricorso da qui a fine anno. Il 72% delle imprese non prevede nuove assunzioni; chi prevede nuovi ingressi privilegia i contratti a tempo determinato, il contratto di apprendistato e somministrazione.

Il manifatturiero: rialzo per un'azienda su tre

Nell’ambito del settore manifatturiero, solo il 31,5% degli imprenditori prevede un aumento dei livelli di produzione rispetto a quelli conseguiti nella prima parte dell’anno; mentre per il 33,7% è previsto un ulteriore peggioramento (saldo previsionale pari a -2,2%).

Il grado di saturazione degli impianti viene stimato al 63%, in miglioramento rispetto al 57,9% previsto a luglio, ma ben al di sotto dei valori registrati fino al 2019 (70% circa).

Soldi in uscita e in entrata
Il 45,1% degli imprenditori torinesi ha effettuato o prevede di effettuare nuovi investimenti nel corso del secondo semestre 2020. Si tratta di un livello ben al di sotto della media degli ultimi quattro anni (66,3%). Inoltre, solo nel 16,4% dei casi si tratta di investimenti considerati economicamente rilevanti da parte degli imprenditori. Le difficoltà sono imputate all’elevato grado di incertezza politica e dei mercati, mentre altri ritengono sufficienti gli investimenti già realizzati.

Stabile, attorno al 71%, la quota di imprese che vanta crediti scaduti. Nel 36,1% dei casi si tratta di crediti scaduti da oltre 60 giorni. Rispetto al primo semestre 2020, il ritardo medio sale a 180,3 giorni.

Massimiliano Sciullo

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