"Abbiamo sentito tante belle parole: ora servono meno chiacchiere, meno applausi e più fatti. Bisogna passare dalle parole agli atti concreti". E' questa l'eco che risuona a Riva di Chieri, davanti ai cancelli dell'ex stabilimento Embraco, dopo il discorso che Mario Draghi, neo presidente del Consiglio, ha tenuto al Senato.
Ad ascoltarlo sono le orecchie dei 400 lavoratori che, dopo anni di sofferenze, ancora adesso attendono risposte e soluzioni. In questi lunghissimi mesi hanno sentito tante promesse, tante garanzie, hanno assistito addirittura a festeggiamenti e celebrazioni (l'ultima, tramite un video Facebook dell'allora ministro Patuanelli, datato 24 novembre). Ma la verità dice che entro l'estate saranno tutti licenziati, se non succederà qualcosa: nei giorni scorsi sono partite infatti le lettere di licenziamento e il conto alla rovescia oggi dice -60 giorni. Intanto la speranza che univa Embraco e i 300 lavoratori della Acc di Mel, in provincia di Belluno, è bloccata. Dalla crisi di governo, ma anche dai dubbi dell'Unione Europea. "Il progetto Italcomp si può fare - dice Ugo Bolognesi, di Fiom Cgil -, proprio tramite quello che Draghi chiama debito buono. Ma è necessario che ci si muova in fretta".
Che il tempo della pazienza sia ampiamente trascorso lo dimostra anche un cartello esposto dai lavoratori: "1234 mandati, ma non avete trovato una soluzione", a ricordare quanti governi, quanti premier, quanti ministri si sono succeduti, ma sono andati via senza lasciare nulla dietro di sé, se non rammarico e delusione.
Una delle ipotesi che di recente si è fatta strada riguarda la possibilità di agganciare la crisi Embraco alla cassa integrazione per Covid. Ma in attesa di novità (che spettano ai ministeri del Lavoro e dello Sviluppo Economico), quel che i lavoratori chiedono è una svolta. Un passo definitivo. Perché non possono più andare avanti così. "Bisogna parlare di politiche industriali e Draghi non l'ha fatto - dice uno degli operai, intervistato dall'invitato della trasmissione L'aria che tira di La7 -. Conosco operai, miei colleghi, che si rivolgono alla Caritas, perché nonostante la cassa integrazione non ce la fanno. E non è giusto. Il presidente Draghi ha parlato di povertà e di nuovi poveri: noi rischiamo di essere tra quelli".