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Attualità | 23 maggio 2022, 07:18

Salone del Libro, No Tav, Askatasuna, ambientalismo (e non solo): viaggio nella Torino di Zerocalcare [VIDEOINTERVISTA]

Da “Kobane calling” al successo di massa con “Strappare lungo i bordi”, il fumettista romano è anche autore del logo del “Climate Social Camp” di luglio

foto di gruppo con Zerocalcare

Zerocalcare ospite del Salone del Libro di Torino

Dall'appoggio militante al movimento No Tav ai centri sociali, passando per le lotte politiche e il Salone del Libro fino ad arrivare all'attivismo ambientalista: il rapporto di Zerocalcare con Torino è viscerale e testimoniato dalle sue frequenti scorribande in zona. Il celebre fumettista, autore di opere acclamate come “Kobane calling” e “Strappare lungo i bordi”, parla a 360° sulle più recenti vicende cittadine a margine della serata di presentazione del “Climate social camp”, evento sui cambiamenti climatici in programma in città a fine luglio di cui è autore del logo.

Zerocalcare, in questi anni hai avuto modo di frequentare due Torino diverse: quella del Salone del Libro, osannata dalla politica istituzionale, e quella delle lotte e dei movimenti, il più delle volte osteggiata. Alla luce degli ultimi avvenimenti cittadini, come le cariche della polizia al corteo del 1° maggio ma non solo, che idea ti sei fatto sulla contrapposizione tra questi due mondi a loro modo culturali?

Askatasuna è un posto in cui sono cresciuto, che mi ha accompagnato e che mi ha rappresentato tantissimo sia in termini politici che di socialità e cultura. Del Salone del Libro, conosciuto con il mio lavoro, mi interessano soprattutto le persone che lo attraversano, che siano appassionate di fumetti o di letteratura in generale: esiste, però, una narrazione molto forte contro gli spazi come Aska che non permette alle stesse persone di conoscerli se non attraverso la lente distorta di un racconto troppo spesso schiacciato sulle posizioni della Procura. Sarebbe invece interessante far incontrare queste parti perché, come dimostrato in passato da iniziative a vocazione più ampia come la presentazione di 'Strappare lungo i bordi', chi non aveva mai avuto la possibilità di entrarci ha scoperto un posto accogliente cambiando la propria visione”.

Alla luce della tua esperienza artistica e politica, perché hai scelto di aderire alla lotta ambientalista disegnando il logo del “Climate social camp”, grande evento organizzato a fine luglio a Torino da diverse organizzazioni e movimenti?

La mia arte è quello che potevo dare al sostegno di una causa che, diversamente da quanto pensavo in passato, adesso ritengo centrale e importantissima. Pur non essendo vecchio, provengo da una generazione che intendeva la politica a compartimenti stagni, ritenendo slegate tra loro questioni come ambiente, lavoro e razzismo; questa sottovalutazione collettiva ha probabilmente determinato la situazione in cui ci troviamo oggi. I ragazzi di Fridays for Future e chi lotta insieme a loro, invece, hanno una grande consapevolezza sull'interconnessione tra questi elementi e riconoscono l'importanza delle ricadute su tutti gli altri ambiti. Siamo fortunati ad avere la loro presenza e il loro attivismo: per questo, piuttosto che prendere parola, voglio ascoltarli dando il mio contributo con la cosa che so fare meglio, disegnare, e portando le loro battaglie sotto i riflettori”.

A proposito del logo, puoi descriverlo? A cosa ti sei ispirato?

In realtà si tratta di un prodotto collettivo perché, ogni volta che partecipo a iniziative che coinvolgono tante persone, preferisco che il processo sia assembleare. Dopo averne parlato con tutti, ho seguito le indicazioni ricevute rappresentando i ragazzi e le ragazze che lottano per il clima con entusiasmo e combattività, con Torino sullo sfondo. La città, da questo punto di vista, è molto significativa perché è quella in cui è sorta e si è combattuta la questione Tav, con un sacrificio molto alto in termini di denunce e arresti negli ultimi decenni. Il fatto che l'allarme per l'emergenza climatica sia partito anche da questi territori è molto importante ed era fondamentale farlo emergere nel logo stesso”.

Marco Berton

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