Al Salone del Libro, Lorenzo Pregliasco ha portato il suo nuovo libro, Il Paese che siamo. Direttore di YouTrend e tra gli autori del podcast Qui si fa l’Italia, Pregliasco torna alla carta e racconta sette grandi momenti della storia del nostro Paese dal secondo Dopo Guerra fino a oggi.
“Come dice il titolo il libro racconta l’Italia di oggi, attraverso una lettura di quello che siamo stati nei 70 anni precedenti - spiega Pregliasco - Momenti che hanno lasciato dei tasselli sulla nostra identità collettiva".
Protagonista di alcuni di questi momenti è la città di Torino.
"È stata crocevia di tanti cambiamenti. Ad esempio, durante il miracolo economico racconto come abbia vissuto un enorme immigrazione non solo dal Sud, ma anche dal Veneto e dalla Lombardia. In dieci anni, tra il 1951 e il 1961, Torino accoglie 300 mila persone in più. E poi ancora durante gli Anni di Piombo, la città è molto colpita dal Terrorismo Rosso. In tanti passaggi, è testimone dei cambiamenti di tutto il Paese”.
Una città che ha cambiato identità e forse la sta ancora cercando.
“Torino ha perso gran parte dell’industria e sta cercando di capire cosa può sostituirla. La città che ha fatto tanto per il resto del Paese, è stato luogo di sperimentazioni, di fermento sociale, ma oggi ha perso un po’ la sua vocazione e identità. Non penso che il turismo possa compensare un modello di sviluppo come quello industriale che, nel bene o nel male, ha reso la città molto più grande e più ricca di quello che era. Una città che oggi ha molte opportunità, ma al tempo stesso è una città troppo anziana, sia demograficamente che come modo di pensare, in cui si ha l’impressione che ci siano degli ambienti molto impermeabili alle contaminazioni, gelosi del loro potere e in cui sono concentrate le risorse economiche, dove un giovane ha meno possibilità di emergere rispetto ad altre città. Ha una storia e un presente importante a livello sociale, economico, culturale. Deve trovare la sua strada”.
Una strada che potrebbe essere indicata da eventi come il Salone del Libro?
“Il Salone del libro è un grande esempio di cosa può fare Torino quando ha la volontà e la collaborazione che permettono di renderla rilevante in un ambito. Dovrebbe mettere da parte quel portato antropologico di disciplina, di corte, di gerarchia che ogni tanto blocca il cambiamento, aprirsi alle innovazioni e alle contaminazioni".
Un Salone quello del 2023 che si chiude non senza polemiche.
“Il Salone è sempre luogo di piccole polemiche di stampo politico. Mi sembra che non sia un aspetto nuovo, certo questo è la prima edizione con un Governo così connotato a destra. Il che lo esponeva un po’ più di altre edizioni e metteva in evidenza la possibilità di contestazioni. Alla fine però ci sono tantissimi incontri e centinaia di autori con orientamenti politici diversi, il confronto va avanti con tranquillità”.
Roberto Saviano lo ha definito il Governo “più nemico della cultura di sempre”.
“Credo sia di natura un po’ estrema come affermazione. Personalmente non ho elementi per dire che questo governo sia migliore o peggiore sulla cultura. Certo, è un Governo che esprime una parte politica che ci tiene a rimarcare un’identità e un modo di vedere le cose. Questo lo conduce anche ad avere certe sbavature. Dopodiché, anche sulla Rai, non c’è governo che negli ultimi decenni che non ci abbia messo le mani quando ne ha avuto l’opportunità. Questo è stato il caso di destra, sinistra, centro”.
Tra i prossimi progetti, ci sarà una terza stagione di Qui si fa l’Italia?
“Ha avuto molto successo, ci onora aver accompagnato tante persone nella scoperta e nella riscoperta dello sviluppo del Paese. C’è un progetto in corso, speriamo di avere notizie presto”.