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Eventi | 27 ottobre 2023, 07:21

Il “Pericolo giallo” di Giorgio Canali & Rossofuoco è pronto a invadere l'Hiroshima Mon Amour: “Sono un nichilista solare”

La graffiante penna di uno dei guru della musica alternativa italiana ha scelto Torino per aprire il tour del nuovo album: “Per trovare l'ispirazione basta quello che ci succede intorno”

Giorgio Canali suona la chitarra sul palco e canta

Giorgio Canali torna sul palco dell'Hirshima (foto: Mauro Stocchero)

Il conto alla rovescia è finalmente finito: il “Pericolo giallo” di Giorgio Canali, infatti, sta per invadere l'Hiroshima Mon Amour con il suo carico di irriverente e sincera rabbia. Uno dei “guru” della musica alternativa italiana (già membro dei CCCP e dei CSI) ha dunque scelto Torino, insieme ai suoi Rossofuoco, per aprire il tour del nuovo disco, in uno dei concerti sicuramente più attesi della stagione. Cosa c'è da aspettarsi, quindi? Sicuramente un live in pieno stile Canali ma, in attesa di aprire le danze (stasera alle 22, ingresso 13 euro,) ecco la nostra intervista con qualche succosa anticipazione e un approfondimento sull'origine e sui temi dell'album.

Com'è nato “Pericolo giallo”?

Nasce da un rifiuto: a febbraio, infatti, avremmo dovuto partecipare a una compilation sul 25 aprile con quel bellissimo pezzo che è “Morti per niente”, pezzo che già dal titolo lascia intendere molto. Ovviamente, ne è stato escluso perché non rispettava i canoni celebrativi e perché avrebbe fatto incazzare qualche “compagno”. Ma siccome non ce ne frega nulla dei giudizi altrui, l'abbiamo presa filosoficamente e ci abbiamo costruito intorno tutto l'album.

E com'è stato costruito?

Come già successo per “Venti”, ma per questioni pandemiche, anche “Pericolo giallo” è stato costruito a distanza: abitando in posti molto lontani tra di loro, infatti, è molto difficile trovarci per scrivere e registrare; così, in una 50ina di giorni e lavorando ognuno a casa propria, abbiamo fatto tutto. Per quanto riguarda i testi, invece, basta guardare ciò che ci succede intorno e di materiale per scrivere canzoni ne trovi. Là fuori c'è una vera e propria Mecca per chi scrive di fantascienza, fantapolitica e fantacronaca, non è poi così stupefacente.

Entriamo nel dettaglio: partirei dalla copertina...

È un'opera di Martina Moretti, che dopo aver scelto il rosso per l'artwork di “Undici canzoni di merda con la pioggia dentro” ed il viola per “Venti” ha deciso di farla gialla. Da lì è nata l'idea del pericolo giallo, concetto storico che risale a fine '800 quando la popolazione asiatica superò quella occidentale per numero. Quale fu la conseguenza? Che per distrarre la gente, i governanti scatenarono paure infondate con l'obiettivo di spaventarla. La stessa cosa è stata fatta a più riprese: con i giapponesi durante la Seconda Guerra Mondiale e con i cinesi durante Mao, durante il loro boom economico e durante la pandemia, ma anche con gli indiani. Anche la copertina, con una nuvola gialla pronta a sommergere quella che potrebbe essere una città o un branco di pinguini, riassume questa immagine.

Visto che ha introdotto il tema della Resistenza, parliamone...

Stanno cercando di cancellarla perché i giovani che oggi hanno un ruolo di “resistenti” vengono dimenticati, ignorati, snobbati e spesso spacciati per delinquenti in nomi di una resistenza con la r minuscola. Questa è una cosa che mi dà molto fastidio ma, come disse Cossiga parlando della sconfitta dell'estremismo di sinistra: “Li abbiamo trattati da delinquenti, la gente ci ha creduto e abbiamo vinto”. Purtroppo, quindi, non c'è nulla di nuovo all'orizzonte: il fascismo e gli stati di polizia sono sempre qui e quella frase “morti per niente” impressa su un monumento ai caduti in Francia non è mai stata così attuale.

Viva la paura che si fa cultura”, a sottolineare una certa brutta abitudine della politica e non solo, è il mantra della title track: secondo lei la musica e l'arte in generale possono fare qualcosa per invertire la rotta?

Lo hanno mai fatto? Le canzoni di protesta degli anni '60 e '70 hanno fatto venir via gli americani dal Vietnam? Al massimo hanno convinto qualche ragazzo a tornare indietro. Sono sempre convinto che l'arte possa fare ben poco oltre a sensibilizzare, far sentire meno solo chi ha delle idee in testa e avvicinare quelli con le stesse idee.

Un'altra frase che mi ha colpito molto è “Cervelli che sembrano sempre in ferie” nel singolo “Un filo di fumo”: a chi si riferisce in particolare?

Alla gente che ci governa, che spesso sembra che non ragioni con il cervello, ma anche a tutti gli altri livelli: l'Italia è ormai suddivisa in tante società per azioni che stanno facendo di tutto per creare una grande bancarotta fraudolenta, visto che è talmente diffusa, con l'obiettivo di far implodere tutto. In tutto questo vedo molta malafede; forse rischio di passare per complottista, ma credo che ci stiano prendendo in giro.

Dai testi di “Pulizie etiche” e “Cosmetico” si capisce come la pensa sul linguaggio inclusivo: perché se la prende con chi cerca di promuovere questa evoluzione?

Probabilmente sono le stesse posizioni della gente da bar e dei leghisti, ne sono consapevole, ma davvero pensiamo di risolvere i problemi di odio sociale con un maquillage delle espressioni? La cosmesi del linguaggio non può vincere sul tentativo di affrontare nel merito i problemi: utilizzando termini più dolci ed edulcorati sembra di fare qualcosa di positivo, ma nella pratica un “non udente” resta comunque sordo. Ogni piccolo sistema, comunque, ha sempre ragionato perseguendo i propri interessi come una multinazionale e distraendo la gente con queste “armi di distrazione di massa”.

Tra le molte immagini di “Pericolo giallo”, quella ricorrente di un sole “c'era ancora” e che “si spegne” è sicuramente una delle più significative. Ma in un album di critica e rabbia come questo, c'è spazio per la speranza?

Per descrivere questo mio modo di essere ho coniato un nuovo termine: “nichilismo solare”. In fondo, ci fa sempre piacere pensare che alla fine possano arrivare una bacchetta magica, gli alieni o un nuovo messia a risolvere le cose, ma fino a quando non saremo noi stessi a capire che ci stanno prendendo in giro e a fare qualcosa non cambierà mai nulla. Questa, però, si chiamerebbe rivoluzione e in Italia non siamo mai stati bravi a farla: in Francia e in Russia ci sono riusciti ma, vedendo il risultato finale con l'ascesa di Napoleone e Putin, forse non è venuta così bene.

Arriviamo al nuovo tour, che inizia stasera da Torino e dall'Hiroshima: può anticipare qualcosa?

L'intenzione è quella di suonare per intero il disco nuovo, aggiungendo altri 12 pezzi tra i nostri preferiti della discografia, anche se spesso non coincidono con i gusti del pubblico. Le canzoni, inoltre, subiranno delle variazioni rispetto alle registrazioni in studio, a volte per semplificarle e a volte per renderle più “estreme”: questo perché con la stessa esecuzione i concerti diventano ripetitivi. In carriera l'ho fatto solo una volta con i CSI di “Tabula Rasa Elettrificata”, all'inizio può sembrare divertente ma alla lunga ci si annoia, mentre il nostro dna ci porta a non fossilizzarci.

Che effetto le fa tornare a Torino?

Torino è sempre stata una delle mie città italiane preferite insieme a Genova, Roma e Perugia, dove vivo ora, e quando abitavo in Francia sarebbe stata anche una scelta di vita e di casa piuttosto strategica. Essendo appassionato di storia, inoltre, ne ho sempre subito il fascino come prima capitale, anche se di un regno di merda. Detto questo, Perugia è stata una scoperta pazzesca perché è al centro del mondo ed essendo piena di salite mi permette di restare in forma a 65 anni con tutto quello che bevo e fumo.

Marco Berton

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