Oltre 6 anni di inattività avrebbero potuto minare le certezze di qualsiasi compagine, anche la più unita: invece, da buoni “animali da palcoscenico”, i Nobraino hanno saputo superare le incertezze di una pausa artistica così lunga per ritornare in grande stile, più affiatati che mai. Non a caso, il nuovo album della band (uscito lo scorso 1° marzo per Baobab Music/Warner Music Italy) si intitola proprio “Animali da palcoscenico”, “etichetta” scelta per sottolinearne l'anima di performer permeata da centinaia di concerti in ogni angolo d'Italia.
Domani sera, 5 aprile, Lorenzo Kruger e compagni saranno sul palco dell'Hiroshima Mon Amour per riportare tutta l'ironia, la carica live e l'essenza rock che li contraddistingue. In vista dell'evento, abbiamo intervistato proprio il frontman per ripercorrere le fasi che hanno portato dallo stop alla reunion dello scorso anno (concretizzata con una doppia serata all'Estragon di Bologna), per conoscere più a fondo i pezzi del nuovo disco e per anticipare qualcosa sul concerto.
I Nobraino sono tornati dopo diversi anni di inattività: possiamo sapere il perché di questa lunga pausa?
È stata una pausa necessaria perché erano in corso diverse incomprensioni che portavano a lunghe e ripetute discussioni tra di noi: per questo motivo, ci siamo stufati e abbiamo semplicemente deciso di fermarci. Il tempo, fortunatamente, ha delle doti magiche e la vita trascorsa ci ha aiutato a inquadrare meglio le cose: quando quest'ultima, con il suo carico di figli, mutui e altro, ti si riversa addosso in tutta la sua prosaicità diventi molto più immediato e questo ci ha fatto riavvicinare.
Durante la pausa è mai stata pronunciata la parola “scioglimento”?
Non è mai stata verbalizzata perché eravamo coscienti che si trattasse solamente di una pausa. Abbiamo sempre avuto un certo fatalismo verso la nostra avventura, i Nobraino sono l'esatto contrario della programmaticità, hanno sempre vissuto alla giornata e navigato a vista. La parola progetto non ha mai fatto parte del nostro vocabolario, d'altronde, come potrebbe essere associata a 4 adolescenti che si trovano a suonare in una soffitta? Questa caratteristica è rimasta intatta nel tempo e, alla lunga, ci ha fatto pagare pegno in un mondo musicale sempre più governato dalle performance numeriche dove ragazzini di 18 anni ragionano in termini di streaming e posizionamento con un approccio manageriale.
Com'è nata la reunion? È stata una tua idea o di qualche altro membro del gruppo?
Ci siamo incontrati “forzosamente” nel settembre del 2022, dopo circa 4 anni di lontananza, al matrimonio del nostro ex trombettista Davide Barbatosta: così, a grande richiesta, dopo tanti brindisi ci siamo ritrovati a suonare insieme sullo stesso palco. L'entusiasmo di quell'occasione ci ha spinti a organizzare le “Date Uniche” del ritorno dei Nobraino all'Estragon di Bologna, che nelle nostre intenzioni dovevano figurare come singoli eventi: le tante attenzioni ricevute e i feedback positivi ci hanno fatto trovare la quadra su molte cose che fino a poco tempo fa erano difficili da gestire. La nostra convivenza, al momento, è abbastanza blindata e posso dire con discreta sicurezza che i Nobraino non si scioglieranno più.
E da adesso in poi quale sarà il vostro obiettivo?
Cercheremo di andare avanti nel mondo della musica italiana, che di certo non è tra le realtà più facili, trovando il modo migliore per farlo. Il mondo delle piattaforme di streaming ha portato a una sperequazione tra chi fa grandi numeri e i musicisti che sentiamo più vicini, come i cantautori “vecchia scuola”, per questo dovremo stare attenti a riuscire a sopravvivere se vogliamo fare i Nobraino fino alla fine. Dal canto nostro, proveremo a sensibilizzare il pubblico anche se si tratta di un'operazione delicata: non vogliamo sembrare dei nostalgici, ma siamo per il ritorno ad un certo tipo di approccio alla musica.
Restando sull'argomento, ma passando ai pezzi di “Animali da Palcoscenico”, il video di “Glenn Miller” è molto significativo...
Abbiamo riprodotto le dinamiche di un concerto a misura d'uomo, che ad oggi stanno un po' sparendo in favore di realtà che organizzano eventi in grado di polarizzare l'attenzione e di fare numeri molto più consistenti; questa dimensione, però, ti fa perdere il contatto con chi è sul palco e magari viene solo percepito perché distante 150 metri. Con queste premesse, il rito collettivo del concerto si annacqua: l'industria musicale non è mai andata così bene a livello di fatturato, ma sta letteralmente sparendo quel circuito underground, artigianale e indipendente che contiene anarchia, evoluzione e rivoluzione.
C'è qualcuno che si sta opponendo a questa tendenza?
L'unica rabbia autentica sembra arrivare dalla scena rap-hip hop: in generale, sono tutti molto più preoccupati degli stream, dei like e delle views piuttosto che dell'espressione del proprio disappunto e della propria tensione. Tutto questo si traduce nello spostamento dei concerti in luoghi più grandi, mentre sarebbe opportuno che si risvegliasse un vero e sincero movimento indipendente underground con il desiderio di scollarsi da questo stallo e di non seguire la scia di Spotify e TikTok. Per fare un paragone, sarebbe opportuna una sorta di “separazione” come quella che avviene tra il cinema mainstream e il teatro.
L'idea del nuovo album vi è venuta dopo la reunion o avevate già in mente qualcosa?
Durante la nostra pausa ho continuato a scrivere e portare in scena molte canzoni in cui si sentiva la “vena Nobraino”, notata anche dal produttore del mio disco solista. Così, quando abbiamo buttato giù l'idea di uscire con un nuovo album come band, ci siamo accorti di avere un sacco di materiale da portare in studio. Dopo aver scelto le nostre canzoni preferite ed esserci riappropriati della sensazione di stare sul palco, le abbiamo riarrangiate facendole uscire tirate e potenti come “Record del Mondo” e “Tradimentunz”. I 10 pezzi di “Animali da Palcoscenico” dovevano dare la botta, essere divertenti da suonare, compiacerci e colpire duro a costo di non piacere alla critica: siamo ruspanti e non vogliamo dimostrare chissà quali capacità con cose audaci o sperimentali, ma portare pezzi cantautoriali dentro ad arrangiamenti rock con voce, chitarra, basso e batteria.
Una descrizione che rispecchia fedelmente il titolo “Animali da Palcoscenico”...
Il titolo doveva rappresentare il più fedelmente possibile lo stile dei brani e parlare già del tour, associandoli in un pacchetto unico. L'approccio che abbiamo utilizzato è quello della sala prove, dove quello che suona bene è già pronto senza troppi fronzoli. I Nobraino non riescono a fare dischi autoreferenziali e non riescono a “toccarla piano”, i pezzi sono già pronti per andare sul palcoscenico e saranno loro a lavorare per noi.
I critici parlano di un vostro “ritorno alle origini”: è effettivamente così?
Sì, ma con “maturazione”, “fermentazione” e meno sguaiataggine perché, rispetto al passato, siamo stati più eleganti tralasciando certi passaggi volgari. Grazie all'esperienza acquisita nel tempo siamo stati molto più coerenti: i brani, seppure molto diversi come generi e mondi, mantengono sempre un certo tono di narrazione senza includere le vecchie e volute “cadute di stile”.
Quanto c'è di autobiografico in “Test di Gravità”? Ti sei per caso pentito di aver messo su famiglia?
Assolutamente no, anzi, metter su famiglia è stato l'unico vero successo della mia vita e lo rifarei altre mille volte. Quando la fai, però, i confini che prima difendevi si allargano, con dei costi umani, sociali ed economici che non sempre ti permettono di continuare a essere così disponibile verso un lavoro che paga poco e che richiede una certa dose di coerenza: a un certo punto, bisogna esporsi a dei rischi che vanno in conflitto con l'idea di farsi una famiglia. Nel mio piccolo, mi rendo conto di essere particolarmente fortunato, ma quando parlo con i ragazzini consiglio sempre di non fare figli se vogliono intraprendere davvero la carriera musicale.
Torino è una città d'arte contemporanea e l'arte contemporanea rientra anche in “Animali da Palcoscenico”, perché?
In prima battuta ho scritto un testo sciocco e banale con il solo scopo di far ridere come soluzione di comodo per creare engagement. Poi ho spostato completamente l'obiettivo: essendo un grande fan del podcast dell'evoluzionista Telmo Piovani, ho sviluppato una forte vena critica verso l'idea dell'homo sapiens come essere compiuto e sapiente quando, in realtà, è evidente come tuttora sia nel pieno della sua evoluzione e continui a fare pasticci nel caos più totale; in questo siamo un po' artisti contemporanei, attivi con opere casuali e distruttive. Nel pezzo ci sono tutte queste suggestioni messe insieme ma, da non addetto ai lavori, non riesco ad emozionarmi molto per un'arte che per essere compresa richiede la conoscenza dei metadati come la biografia dell'autore e il contesto socio-politico-economico in cui si è sviluppata.
Mi ha incuriosito molto anche “Esperto di comunicazione”, figura sociologicamente molto interessante...
Sono, a tutti gli effetti, un appassionato di comunicazione avendo anche fatto il copywriter freelance nella comunicazione pubblicitaria. Pur trattandosi di arte a tutti gli effetti, anche se oscilla tra quantità e qualità, da aspirante poeta mi rendo conto di come quella sia la morte della poesia perché nella maggior parte dei casi è spinta da tensioni che portano a creare frasette che colpiscono solo per fare numeri e vendere.
Vi ripresentate sul palco con una grossa novità, una donna nella band: ce la puoi presentare?
Esattamente, dopo una decina d'anni torniamo ad avere una donna sul palco con noi e siamo molto contenti perché la sua presenza ristabilisce alcuni equilibri. La convivenza sta funzionando bene e ci sta venendo voglia di inserirne altre: stiamo notando, a proposito, che nei gruppi dove vige la parità di genere regna l'armonia.
Ma come si chiama e cosa suona?
Suona la chitarra elettrica e i synth che non abbiamo mai avuto, oltre a fare i cori perché è anche una bravissima cantante. Dovendo fare concorrenza a St. Vincent si chiamerà Lady Barbuda, come l'isola caraibica poco più a nord di St. Vincent; anche in questo caso, con i nomi, ci allineiamo all'uscita di Barbatosta.
Ultima domanda sulla nostra città: che rapporto hai con Torino?
Quando torno a Torino provo sempre sensazioni che mi fanno uscire dall'Italia e mi fanno viaggiare verso la Francia, come quando vado a Palermo e mi sembra di essere in nord Africa. La cosa è inequivocabile quando ti trovi davanti a certi scorci.