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Attualità | 09 aprile 2024, 09:09

Inaugurata a Grugliasco la mostra fotografica “Adelmo e gli altri. Omossessuali al confino in Lucania”

Visitabile fino al prossimo 3 maggio presso l'area espositiva del Municipio

Inaugurata a Grugliasco la mostra “Adelmo e gli altri. Omossessuali al confino in Lucania”

Inaugurata a Grugliasco la mostra “Adelmo e gli altri. Omossessuali al confino in Lucania”

Fino al 3 maggio, presso l'area espositiva del Municipio di di Grugliasco, in piazza Matteotti 50, il comune di Grugliasco ospita la mostra fotografica “Adelmo e gli altri. Omossessuali al confino in Lucania”.  

All'inaugurazione che si è svolta ieri, 8 aprile, presso la sala consiliare del Comune di Grugliasco, sono intervenuti il sindaco Emanuele Gaito, Fulvio Grandinetti, Presidente della sezione “68 Martiri” dell’Anpi di Grugliasco, Susanna Maruffi di Aned, Angela Mazzoccoli di Agedo Torino. Presenti Elisa Martino, vicesindaco e assessore all’istruzione della città di Grugliasco, Federica Petrucci assessore alla cultura e Roberta Colombo assessore al commercio. 

La mostra si svolgerà dall'8 aprile al 3 maggio, dal lunedì al giovedì dalle 8.30 alle 18, il venerdì dalle 8.30 alle 16 (con ingresso gratuito). Per visite guidate e prenotazioni telefonare al numero: 335 6635949.

La mostra ricostruisce le vicissitudini che portarono un nutrito numero di persone omosessuali a scontare la pena del confino nei paesi del Materano e i rapporti che vi stabilirono con le popolazioni. Con questa mostra ci si propone di far conoscere una specifica realtà, per troppo tempo ignorata volutamente, a un vasto pubblico e, in particolare, alle nuove generazioni. 

È un progetto di: A.Ge.D.O. Torino Odv – Associazione di Genitori, parenti e amici di persone LGBTQ+ 

La mostra è stata esposta per la prima volta a Casarcobaleno nel 2015 in occasione della Giornata della Memoria, in collaborazione con Arcigay Torino “Ottavio Mai”, quindi nel 2017 al Polo del ‘900 – Palazzo di San Celso, patrocinata dalla Città di Torino e con la collaborazione di diverse realtà come il Circolo Pink di Verona, Agedo Nazionale, Arcigay Torino, Coordinamento Torino Pride, ANED, ANPI Sezione “Dante Di Nanni” di Torino, ANPI della Provincia di Matera.  

Da allora La mostra ha cominciato a viaggiare toccando circa 40 località diverse in tutta Italia avendo importanti ricadute in termini di coinvolgimento e partecipazione pubblica e guadagnando positive recensioni da parte di vari organi di stampa nazionali e locali. 

Presentazione 

Si è voluto dare il nome di Adelmo a questa mostra perché così si chiamava il più giovane - 18 anni - dei confinati dei quali si cerca qui di ricostruire le vicende. Si sarebbe potuto altrettanto a ragione intestarla a Giuseppe, morto probabilmente suicida a 22 anni - morto di omofobia come oggi si direbbe - oppure a Catullo, confinato per la seconda volta a 51 anni; oppure a uno qualunque dei ventinove protagonisti di queste storie. Tutte hanno qualcosa che le rende uniche. Si tratta di storie, inevitabilmente parziali, ricostruite soltanto sulla scorta delle carte di polizia e degli atti giudiziari, nella consapevolezza che la vita delle persone a cui si riferiscono fu più complessa e - si spera - serena di quanto risulta da quella documentazione. Il rischio che si corre in questi casi è duplice.

Ci si può appiattire al modo di vedere le cose proprio degli organi dello Stato fascista; oppure, al contrario, guardare a quegli stessi fatti da una prospettiva troppo attualizzata lasciando in ombra le peculiarità dei tempi e dei luoghi in cui accaddero. Dato il carattere foto-documentario di questa mostra, si è qui scelto di esporsi sul versante di una visione giudiziaria, lasciando al visitatore il compito di meglio interpretare i materiali presentati. L’alternativa, in mancanza di una ricostruzione documentaria a più voci, sarebbe stata lasciare che l’opera del tempo e l’incuria degli uomini cancellassero ogni traccia di ciò che quelle carte raccontano. Ma le vite distrutte di chi patì il confino e delle loro famiglie ci interpellano ancora oggi dalla condizione di paria loro assegnata rivendicando il diritto di esser parte della nostra memoria. E ad esistervi con pieno diritto, come dettato dall’articolo 3 della nostra Carta Costituzionale: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge...” 

Questa mostra vuole essere un’occasione per ricordare ciò che è stato, ma soprattutto un invito a non chiudere gli occhi di fronte a ciò che ancora oggi accade vicino e lontano da noi e viene occultato con lo stesso sistema: negando l’esistenza dell’omosessualità. 

Motivazioni 

Il fenomeno del confino fascista è stato finora trattato principalmente in relazione a quanti vi furono condannati per motivi politici e, solo di recente, studi e ricerche hanno cominciato a esplorare quanto accadeva ai cosiddetti confinati comuni. 

Particolarmente interessante si è rivelato l’approccio mirato a far luce sulla questione, in base alle particolari categorie di soggetti (zingari, mafiosi, camorristi, prostitute, abortisti, ecc.), che vi incorsero.  

La mostra foto-documentaria che qui si propone, ricostruisce le vicissitudini che portarono un nutrito numero di persone omosessuali, provenienti da tutta Italia, a scontare la pena del confino nei più isolati paesi del Materano, in Lucania, e i rapporti che vi stabilirono con le popolazioni. 

Si trattava di un territorio in gran parte malarico e caratterizzato da una tale mancanza di vie di comunicazione, da rendere i suoi abitanti – aveva notato nel 1902 il Presidente del Consiglio Giuseppe Zanardelli nel visitarlo – “stranieri gli uni agli altri”. Le cose non erano cambiate nel ventennio successivo né con l’emigrazione di massa oltreoceano, che aveva svuotato letteralmente interi paesi, né con la guerra, che aveva paralizzato ogni progetto di sviluppo predisposto dal lucano Nitti negli anni passati (1911-14) al Ministero dell’Agricoltura Industria e Commercio. 

Sulla base di simili considerazioni, le isole di terraferma (così Carlo Levi in “Cristo si è fermato a Eboli”) costituite da quei paesi, sembrarono, alle autorità fasciste, le più adatte, insieme alle piccole isole vere e proprie, ad accogliere la particolare categoria di confinati formata da persone omosessuali. Una “categoria” che ufficialmente non esisteva e della quale nessuna legge prevedeva pertanto la punizione. C’erano però persone che praticavano rapporti omosessuali e, quindi, erano da punire per attentato all’integrità della stirpe, corruzione, immoralità e simili. C’erano, vale a dire, le persone omosessuali e tutti le vedevano.

Bisognava nasconderle in ambienti non corrotti, secondo la retorica ruralista dell’epoca, dai vizi diffusi nei grandi centri urbani.  E chi meglio dei piccoli comuni del Sud poteva accoglierli senza che le sue popolazioni fossero contagiate – vizio o malattia che fosse - dallo stesso male? 

Obiettivi 

Con questa mostra ci si propone di far conoscere una specifica realtà, per troppo tempo ignorata volutamente, a un vasto pubblico e, in particolare, alle nuove generazioni. 

Tale realtà, si ritiene, indurrà i visitatori della mostra a riflettere sulle tante esistenze negate dall’istituzione–confino su cui troppi, e per troppo tempo, hanno creduto di poter scherzare parlando di “villeggiatura”. 

Contrariamente a quanto si potrebbe supporre, le popolazioni delle comunità di destinazione, le cosiddette isole di terraferma, accolsero senza particolari pregiudizi anche questa tipologia di confinati. 

Il linguaggio usato, insieme alle immagini, intende dare al lavoro un carattere il più possibile divulgativo, per permetterne l’immediata fruizione. 

Il Curatore della mostra 

Cristoforo Magistro, nato a Montescaglioso (MT) nel 1949, si è laureato in lettere all’Università di Torino. Nella stessa città ha poi lavorato come insegnante di Italiano e Storia nei corsi di scuola media per adulti. Appassionato di storia della Basilicata, ha raccolto una vasta documentazione sulle vicende che l’hanno investita dall’Unificazione agli anni Cinquanta del secolo scorso. 

In particolare, si è interessato al brigantaggio, alla grande emigrazione transoceanica di fine Ottocento e primo Novecento, alla figura di Francesco Saverio Nitti e alla nascita del fascismo, al confino fascista e alle lotte per la terra del secondo dopoguerra. Alcuni risultati delle sue ricerche sono stati pubblicati su riviste (Bollettino Storico per la Basilicata, Basilicata Regione, Mondo Basilicata) o libri di autori vari (Potenza Capoluogo 1806-2006, Dalla parte degli ultimi. Padre Prosperino in Mozambico, Villa Nitti a Maratea.

Il luogo del pensiero). Mettendo a frutto la sua passione per la fotografia, ha poi curato mostre foto-documentarie sull’emigrazione italiana, sugli stranieri in Italia, sulla vita e l’opera di F. S. Nitti, sulle donne al confino nel Materano e sul confino delle persone omosessuali nello stesso territorio. 

Storia della mostra 

Agedo Torino, promotrice del progetto, al fine di favorire la conoscenza e sollecitare riflessioni e discussioni sulla condizione delle persone omosessuali nel passato e al giorno d’oggi, propaganda la mostra proponendola come strumento per una riflessione più ampia. Per facilitare ciò opera la scelta di mettere a disposizione il materiale a quanti ne facciano richiesta lasciando ad ognuno ampia libertà di organizzare degli eventi pubblici. 

Il cammino espositivo di “Adelmo e gli altri” dal 2017 ha toccato 40 località in tutta Italia lasciando che gli organizzatori usassero la mostra secondo diverse chiavi di lettura.

La libertà lasciata ai promotori nella presentazione del tema ha fatto sì che siano state messe in atto diverse modalità di racconto: reading, concerti, rappresentazioni teatrali, presentazioni in video mapping, al fine di rendere il più accessibile possibile il tema ad un pubblico vasto. Sono state proposte numerose varianti: ogni prodotto è stato messo a disposizione di tutti e rielaborato pubblicamente nelle successive tappe consentendo all’iniziativa di crescere su sé stessa e diventare così un prodotto collettivo. 

Questa particolare modalità di comunicazione diffusa e coinvolgente è stata ritenuta aderente agli obiettivi e alla narrazione propria della Public History, tant’è che è stata raccontata durante la 4° Conferenza Nazionale di Public History che si è svolta a Venezia e Mestre nel maggio del 2022.

comunicato stampa

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