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Sanità | 11 luglio 2024, 12:38

"Basta soldi e associazioni anti abortiste negli ospedali pubblici", le donne protestano davanti al Sant'Anna

Iniziativa del Comitato per il diritto alla salute e alla cura: "Bisogna tutelare la salute di tutti, nello stesso modo. Non solo le donne che scelgono di diventare madri". Crollato il nunero dei consultori dal 2008 a oggi

"Basta soldi e associazioni anti abortiste negli ospedali pubblici", le donne protestano davanti al Sant'Anna

Circa 50 persone, soprattutto donne, con fiocchi fucsia al collo o al polso. Ma anche striscioni, cartelli e palloncini. Così ha preso forma la protesta di questa mattina, davanti all'ospedale Sant'Anna, per esprimere la propria contrarietà alla presenza ed al finanziamento di associazioni pro vita negli ospedali pubblici. "Non un euro agli antiabortisti", lo slogan.

Strutture pubbliche e laiche

"C'è una legge dello Stato, la 194, che prevede la laicità di una struttura pubblica. Ecco perché non vogliamo le associazioni anti abortiste al loro interno. Bisogna tutelare alla stessa maniera sia chi decide di portare avanti una gravidanza, sia chi intende interromperla", dice Enrica Valfrè, segreteria generale Cgil Piemonte.

L'iniziativa, che vede la regia dell'associazione Comitato per il diritto alla tutela della salute e alle cure, chiede "fondi per la salute di tutti, non per associazioni private che operano nei consultori". "Vogliamo più consultori, aperti per più ore al giorno, con più professionisti che spaziano dal ginecologo allo psicologo e più risorse per tutelare la salute di tutte le persone", aggiunge Valfrè.

Sono spariti i consultori

Attualmente, secondo le cifre fornite dal Comitato, sono 51 i consultori a Torino, 6 quelli di Vercelli, 15 a Cuneo, 3 nel Vco e 4 a Biella. Altri 15 sono ad Alessandria, 11 ad Asti e 13 a Novara, anche se la conta potrebbe essere sovra stimata. Un totale di 118, ovvero uno ogni 36mila abitanti, mentre nel 2008 erano uno ogni 24.600.

Alla Manifestazione, peraltro, si sono date appuntamento tutte le forze di opposizione: da Gianna Pentenero (Pd), ad Alice Ravinale (Avs) e Sarah Disabato (M5s).

"Se la Regione pensa che le donne vadano tutelate solo in quanto madri - dicono i manifestanti - allora si sbagliano di grosso". "Bisogna che i servizi pubblici accolgono, ascoltino e non pretendono di indottrinare".

La voce dell'Ordine

Anche l'Ordine dei medici di Torino ha preso posizione: "Già a febbraio scorso avevamo evidenziato come la proposta di far sentire il battito cardiaco fetale alle donne che programmano un’interruzione di gravidanza fosse molto preoccupante dal punto di vista etico e deontologico. Con lo stesso spirito siamo oggi qui ad esprimerci sull’istituzione della stanza dell’ascolto nell’ospedale ostetrico-ginecologico più grande del Piemonte, stanza destinata alle donne intenzionate ad abortire", ha detto la consigliera, Tiziana Borsatti. "L’ascolto non è pertanto demandabile a figure non professionalmente qualificate e non inserite in un percorso sanitario. Anzi, l’obiettivo della sanità regionale dovrebbe essere proprio il contrario: mettere i medici e tutti gli operatori sanitari nelle condizioni di avere a disposizione il tempo necessario. La nostra preoccupazione riguarda dunque l’inappropriatezza di attività non necessarie, finanziate con denaro pubblico, affidate ad associazioni di volontariato che non sono controllate negli interventi né nelle qualifiche. Queste ultime, nella convenzione stipulata, sono espressamente demandate alla discrezionalità del presidente dell’associazione".

 

Massimiliano Sciullo

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