Nello scorso articolo abbiamo parlato di invecchiamento precoce e di longevità, sottolineando quanto sia fondamentale comprendere che l'alimentazione è senza dubbio il primo e più importante fattore sul quale possiamo intervenire per influenzare non solo la durata della nostra vita, ma anche la sua qualità, vale a dire, se da anziani saremo attivi e lucidi, magari fino ai 100 anni, oppure malati e non autosufficienti. “Noi siamo ciò che mangiamo”, diceva il filosofo tedesco Ludwig Feuerbach nel 1800, rimarcando l'importanza della sana nutrizione per la nostra salute e il nostro benessere psicofisico.
Prima di lui, Ippocrate enunciava: “Fa’ che il cibo sia la tua medicina e che la medicina sia il tuo cibo”, confermando l’importanza dell’alimentazione per la nostra salute. Nell’antichità, alcuni cibi erano considerati particolarmente efficaci per curare determinate malattie; in altri casi, il cibo veniva utilizzato per preparare medicamenti. I greci e i romani avevano una conoscenza approfondita dei benefici del consumo dei cibi sia crudi che cotti. Il consumo di frutta e verdura crude, ad esempio, era visto come un modo per reintegrare forza ed energia. La cottura, invece, era considerata utile per rendere i cibi più digeribili e per ridurre il rischio di infezioni.
Nell’antichità, pur non avendo le conoscenze biochimiche attuali, avevano un'osservazione empirica dei benefici di una dieta varia. Non possedevano il nostro vocabolario scientifico per descrivere vitamine e sali minerali o altri micronutrienti, ma avevano una profonda conoscenza pratica e un approccio olistico alla salute che poneva la dieta e lo stile di vita al centro della prevenzione e del trattamento delle malattie. Le loro osservazioni empiriche, sebbene prive delle basi chimiche moderne, erano spesso sorprendentemente accurate sugli effetti del cibo sul benessere della persona. Non è un caso che la parola "δίαιτα" (díaita), che significa "stile di vita" o "modo di vivere" (da cui deriva dieta) per i Greci non si riferisse solo all’alimentazione, ma a un intero regime di vita che includeva esercizio fisico, riposo, igiene e ambiente.
Il tutto volto al mantenimento della salute psicofisica. E che dire di Paracelso, medico Alchimista e filosofo svizzero del XVI secolo. Egli aveva una visione del cibo e della salute molto innovativa per la sua epoca, anticipando alcuni concetti moderni. Considerava il cibo come uno strumento potente per mantenere la salute e curare le malattie. La sua filosofia medica la "iatrochimica" si basava sull'idea di curare le malattie attraverso l'uso di sostanze naturali spesso derivate da minerali, ma anche da piante. Era profonda la sua convinzione che la natura fosse la "farmacia ultima", contenente tutti i rimedi necessari.
Oggi la Nutrigenomica sostiene che il cibo è senza dubbio il nostro “carburante”; se lo scegliamo con cura e attenzione, avremo effetti benefici, viceversa se optiamo per junk food, rischiamo di compromettere seriamente la nostra salute. Molte cose che mangiamo possono avere un'influenza determinante sul nostro aspetto e sul nostro benessere, ad esempio, possono influire sulla qualità del nostro sonno durante la notte; sulla possibilità per una donna di restare incinta o meno o di un uomo di sviluppare un tumore prostatico; sulle capacità cognitive o sulla lucidità mentale che ci permettono di superare brillantemente una prova impegnativa. Da ciò che mangiamo dipende anche se il nostro cervello userà il glucosio o i corpi chetonici per ottenere energia; se immagazzinerà grassi, trasformandoci in obesi o se il nostro indice di massa corporea sarà ben bilanciato.
L'aspetto conviviale del cibo è molto importante perché riguarda il piacere e la socializzazione che derivano dal condividere il cibo con altre persone. Così come è importante scegliere cibo che ci piace, ma è altrettanto determinante eliminare o ridurre al minimo i cibi che possono farci ammalare, incrementando invece l'assunzione di nutrienti in grado di farci vivere più a lungo, in buona salute e felici. Purtroppo, è molto sottovalutato l’impatto che il cibo spazzatura ha sul nostro sistema corporeo e molto spesso viene ignorato il fatto che molti componenti della nostra alimentazione non sono solo cibi, ma anche potenti molecole in grado di determinare importanti cambiamenti nel nostro organismo.
Ma quale può essere la dieta giusta? Sicuramente, non le diete estreme di sottrazione perché, a lungo andare, potrebbero inibire funzioni importanti come la guarigione dalle ferite, le risposte immunitarie o la resistenza allo stress. Sono interessanti invece gli studi condotti su diverse popolazioni di centenari in tutto il mondo, studi che hanno permesso di ottenere ulteriori dati nel riguardo di una determinata linea di condotta alimentare salutare.
Se prendiamo in considerazione le zone del mondo con la più alta presenza di individui centenari, sottoposte a studi specifici, come la Sardegna, la Calabria, la Grecia, la Costa Rica, l'isola di Okinawa, scopriremo che queste persone hanno in comune, con qualche eccezione, un’alimentazione prevalentemente vegetale con molta frutta a guscio, pesce pescato, poche proteine, pochi zuccheri e grassi saturi o trans, molti carboidrati complessi integrali o derivati da legumi ed altri cibi di origine vegetale.
Molti di questi centenari mangiano al massimo due, tre volte al giorno, poco la sera e non troppo tardi; tendono a consumare una varietà di cibi tipici della loro terra, come le olive nere e l'olio d'oliva, mandorle, stoccafisso, pomodori, pane integrale, fagioli, verdure dell'orto, acqua sorgiva, latte di capra, uva passa o fresca. Ma oltre all'alimentazione cosa rende così longevi gli abitanti di questi particolari luoghi del mondo?
L'attività fisica, un elemento fondamentale per la longevità, un fattore che influisce moltissimo sulla salute dei nostri geni; infatti la maggior parte delle persone che toccano i 100 anni in buona salute sono persone attive, anche se molti di loro non sanno neppure cosa significa l’espressione “esercizio fisico”. Quale tipo di esercizio fisico bisogna praticare? Il segreto sta nel fare ciò che più amiamo e che riusciamo più facilmente a incastrare nei nostri impegni quotidiani.
Che sia palestra, danza, arti marziali, jogging, bicicletta, nuoto, arrampicata, giardinaggio la cosa importante è muoversi. Ad esempio, molti abitanti di Okinawa praticano le arti marziali in una particolare forma dolce che chiamano Tai Chi, caratterizzata da movimenti lenti e fluidi, in armonia con la respirazione e la concentrazione mentale, spesso descritta come "meditazione in movimento". Una volta scelto ciò che più ci appaga, occorre praticarlo per almeno 5-10 ore a settimana, ma senza eccedere, soprattutto se le nostre articolazioni sono già in sofferenza, perché potrebbero andare incontro a gravi degenerazioni in grado di condizionare pesantemente il nostro benessere quotidiano.
Infatti, se si continua a stimolare un muscolo o una cartilagine già affetta da un processo infiammatorio il danno minore può trasformarsi in un danno importante, ecco perché l'esercizio fisico deve essere bilanciato per evitare sia danni acuti, sia danni più lenti che cronicizzano, come quelli riportati alle ginocchia o alle anche da atleti che trascurano il dolore e continuano a sottoporre a sforzi le articolazioni già danneggiate. Quindi ogni attività fisica più impegnativa deve essere scrupolosamente scelta e praticata dopo aver consultato un esperto in materia. Anche in questo caso, come nelle diete, il “fai da te” può essere pericoloso e contro producente. Ogni muscolo del nostro corpo ha bisogno di essere stimolato spesso, perché i muscoli crescono e diventano forti in risposta alle sollecitazioni. La massa muscolare è uno dei marker di salute, soprattutto andando avanti con l’età, condizione in cui si tende a perderla facilmente.
Fino a cento anni fa, eravamo abituati a fare tutto da soli, poi ci siamo abituati a usare le automobili per spostarci anche solo di poche centinaia di metri, ad utilizzare ascensori e scale mobili. Passiamo ore e ore seduti alla scrivania, sul divano, a tavola e il nostro corpo perde efficienza e funzionalità. Quante persone sono in grado di salire rapidamente 6 piani di scale senza provare dolore o crampi muscolari? Senza sentirsi soffocare dal fiato in gola o sentire il cuore che batte all’impazzata? L'obiettivo è quello di rimanere giovani più a lungo possibile e non usurarci precocemente. Ma forse, il fattore maggiormente determinante che accomuna i centenari è il loro “spirito”, inteso come “voglia di vivere”; “avere uno scopo nella vita” “credere in qualcosa” che sia Dio, la famiglia, la libertà o la salute.
Le persone più longeve del mondo hanno un comune denominatore: la loro tenacia. Sono dei lottatori, capaci di sopravvivere agli eventi della vita, anche i più impegnativi o traumatici. Hanno superato guerre, carestie, lutti. Trovano la gioia nelle piccole cose e nei piccoli, ma grandi gesti, come dividere una fetta di pane con chi non se lo può permettere; passare qualche ora in compagnia di amici, condividendo chiacchiere e un buon bicchiere di vino; ammirare un tramonto accarezzando il proprio fedele cane da guardia; coltivare con amore le piantine di pomodori del proprio orto. È vero, il patrimonio genetico costituisce un fattore determinante per la longevità di un individuo, essere nati con i “geni giusti” può fare la differenza, ma a ciò dobbiamo aggiungere le sane abitudini alimentari e una corretta gestione dell’ambiente in cui viviamo che deve essere il meno possibile alienante. Ma quello che può veramente fare la differenza è la nostra volontà, il nostro impegno e il nostro credere non solo nelle nostre capacità e risorse, ma anche nella capacità, quasi sempre assopita, del corpo di rigenerare e curare sè stesso.
L'obiettivo? E’ quello di vivere una vita da sani, il più a lungo possibile, forti e appagati, coraggiosi e saggi, proprio come i nostri “amati” centenari.