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Centro | 15 ottobre 2016, 11:50

Il volo interrotto della farfalla granata

Oggi sono 49 anni dalla tragica scomparsa di Gigi Meroni, il giocatore più amato dopo il Grande Torino

Il volo interrotto della farfalla granata

Fra dodici mesi saranno cinquant’anni, mezzo secolo senza Gigi Meroni. La farfalla granata smise di volare la sera del 15 ottobre 1967, dopo una partita straordinaria contro la Sampdoria, in cui aveva mandato a segno tre volte il suo amico Nestor Combin. “Oggi hai fatto tripletta, vedrai che ti ripeterai anche domenica prossima contro la Juve”, pronosticò Gigi negli spogliatoi parlando mentre lo ascoltavano Bruno Bernardi e Piero Dardanello, storiche firme del giornalismo sportivo. Purtroppo quel derby Meroni non lo giocherà, perché un tragico incidente stradale in corso Re Umberto porrà fine anticipatamente alla sua esistenza.

A travolgerlo, mentre era in compagnia dell’amico e compagno Poletti, l’auto guidata da un suo grande tifoso, Attilio Romero, che per un incredibile scherzo del destino trentatrè anni dopo diventerà presidente del Toro (che fallirà nell’estate del 2005, dopo aver appena riconquistato sul campo la serie A). la città intera si vestirà a lutto un’altra volta, come era successo nel maggio del 1949 dopo la sciagura aerea di Superga in cui perì il Grande Torino: e il 22 ottobre 1967 tutto lo stadio Comunale piangerà in silenzio la sua morte, con il Toro che travolse la Juve 4-0. Tripletta di Combin, come aveva pronosticato Gigi, la quarta rete la segnò Carelli, che indossava quella maglia numero 7 che era di Gigi. E nessun coro becero dalla curva juventina avvelenò il clima del trionfo granata, chissà se oggi si potrebbe ripetere un comportamento del genere…

La Juve doveva essere nel destino di Meroni, che era stato già ceduto ai cugini nell’estate del 1967. L’Avvocato Agnelli era innamorato di lui, lo considerava l’erede di Omar Sivori e lo voleva per far diventare la squadra bianconera competitiva in vista della Coppa dei Campioni: dopo una lunga trattativa, il club bianconero aveva convinto il presidente Pianelli a cederlo, ma una mezza rivolta di piazza, con il paventato sciopero di centinaia di tifosi del Toro che lavoravano alla Fiat, convinse l’Avvocato a fare marcia indietro. Alla Juve passò un altro Gigi granata, Simoni, ma fu una cessione riparatrice. Molti giornalisti giurano che l’affare Meroni era stato solo posticipato di un anno, per far calmare la piazza. Invece il destino decise che la farfalla granata non avrebbe mai volteggiato sul cielo bianconero.

Quando Meroni era arrivato al Toro era uno dei giovani emergenti del calcio italiano, prima nella sua Como e poi al Genoa aveva già fatto intuire di avere qualità sopra la media: fantasia, dribbling, estro, non mancava nulla nel suo repertorio. Era un’ala destra vecchia maniera, di quelle che saltavano l’uomo con facilità per rientrare e andare direttamente al tiro o regalare assist al bacio per le punte. Il Presidente Orfeo Pianelli spese una cifre enorme per l’epoca, quasi 300 milioni di lire, per regalarlo al Paron Rocco nel luglio 1964 e costruire un Toro nuovamente capace di dare l’assalto al vertice della classifica.

Gigino, come lo chiamavano i compagni, oppure Calimero, come lo avevano ribattezzato i tifosi granata più anziani, conquistò subito tutti per la sua classe immensa. Ma meroni non fece parlare di sé solo per quello che faceva in campo. Personaggio estroso ed anticonformista, portava i capelli lunghi come facevano tanti ragazzi dell’epoca, anticipando la rivoluzione culturale del 1968, ma per un mondo bacchettone come quello del calcio era un insulto. E Gigi per questo ebbe scarsa fortuna in nazionale, dove l’ostracismo di una parte della critica e del ct Fabbri lo relegò ad un ruolo marginale.

Meroni era un artista non solo sul campo. Amava dipingere, nella sua mansarda di piazza Vittorio c’erano opere e quadri che si dilettava a fare nelle ore libere, ma essendo figlio di una sarta aveva disegnato anche abiti e pantaloni con cui andava abitualmente in giro. Amava viaggiare forte con la sua macchina, ma anche girare la città portandosi al guinzaglio una gallina. Meroni stravolgeva le abitudini dei calciatori normali, perché era un istrione, un personaggio geniale avanti di molti anni rispetto al pensiero dominante.

Di lui si ricordano un pallonetto da favola con cui incantò San Siro, mettendo ko la Grande Inter del ‘mago’ Herrera, ma anche il fatto che convivesse con una donna più grande di lui, Cristiana, che non era ancora formalmente divisa dal marito. Un altro scandalo per i benpensanti dell’epoca, in un’Italia nella quale non era stato ancora introdotto ufficialmente il divorzio. Nel luogo dell’incidente mortale, solo nel 2007, è stata finalmente posta una lapide, ma in quel punto ogni anno ci pensavano i tifosi granata con fiori, scritti, poesie, a ricordare ai più giovani che li aveva smesso di volare la farfalla granata. Alla memoria di Meroni sono stati dedicati libri (il più toccante quello di Nando Dalla Chiesa), poesie, canzoni, reportage, anche una fiction televisiva (peraltro non troppo fedele nella ricostruzione). Perché se anche sono passati 49 anni dalla sua morte, Gigi è ancora vivo nella memoria dei tifosi granata. Immortale come gli eroi del Grande Torino.

Massimo De Marzi

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