Si è tenuto presso la Casa del Quartiere di via Agliè, l’incontro con Clemantine Wamariya, organizzato dal Consolato americano di Milano e dalla Città di Torino, moderato dall’assessore alle Pari Opportunità Marco Giusta.
“L’obiettivo di questi incontri”, ha spiegato l'assessore, “è quello di raccontare storie positive di persone che hanno portato con sé valori culturali differenti arricchendo, così, la società in cui sono state accolte. Per questa ragione, si è voluto portare fuori dal Comune tali racconti per narrarli all’interno delle Case del Quartiere, promuovendo l’incontro e l’integrazione tra i soggetti degli stessi e i residenti. A questo proposito, abbiamo anche l’idea di realizzare una guida alle attività della città in più lingue, intervallata da storie di donne che sono giunte a Torino e che raccontano come si sono integrate, costruendosi una nuova vita”.
Clemantine è ora una storyteller e fa, inoltre, parte del consiglio di amministrazione del Women for Women International, organizzazione umanitaria no-profit dedicata al supporto finanziario, educativo e interpersonale delle donne sopravvissute alla guerra, alla povertà e all’ingiustizia. La sua è una storia esemplare di resilienza, coraggio e determinazione. Clemantine, infatti, è nata a Kigali, in Ruanda, e ha solo 6 anni quando, insieme alla sorella 15enne, è costretta a lasciare il suo paese, colpito dal genocidio: “abbiamo camminato tanto, anche di notte, mentre di giorno ci nascondevamo, ma non sapevamo nemmeno noi da che cosa. Fortunatamente mia sorella, che era più pratica di me, ci ha permesso di sopravvivere, pur senza acqua, cibo e medicine”.
Ma nessun essere umano merita di restare in tali situazioni: Clemantine e la sorella, pertanto, hanno iniziato a cambiare paese, abbandonandolo nel momento in cui, in esso, scoppiava la guerra, fino a giungere a Chicago, grazie ad una associazione umanitaria. Clemantine ha 16 anni e si integra ben presto nella comunità, tanto da riuscire a iscriversi all’Università di Yale. Come ci è riuscita? “Quando si vive per molti anni in campi di rifugio”, ha spiegato, “si è costretti a fare tante cose difficili: imparare nozioni scritte su libri di testo, dunque, non è stato nulla, in confronto. Le comunità americane, inoltre, ci hanno accolte molto bene. Infine, ero mossa dalla volontà di ripercorrere a ritroso tutte le comunità in cui sono stata ospitata, e per farlo avevo bisogno di risorse: l’università e i soldi, quindi, non sono stati, per me, questione di prestigio, ma delle opportunità per tornare alle origini”.
La seconda parte dell’incontro è stata, poi, dedicata alla testimonianza di altri rifugiati di guerra, che hanno condiviso la loro esperienza personale con l’uditorio. Presenti anche gli operatori della sezione di Torino di Refugees Welcome Italia, associazione volta a promuovere l’ospitalità domestica dei rifugiati e richiedenti asilo, sulla base dell’idea che “l’integrazione sia, in questo modo, più semplice: si verifica un reciproco arricchimento e il contatto con il territorio appare più diretto”, come ha spiegato la Responsabile Germana Lavagna.