Si torna a parlare di sicurezza e immigrazione dopo il Consiglio aperto presso la circoscrizione 6 (Barriera di Milano, Barca, Falchera, Rebaudengo) di qualche giorno fa. Non che i cittadini, soprattutto quelli residenti in alcune zone di Torino abbiano mai smesso di farlo ma le questioni riguardanti la formazione del nuovo governo hanno ovviamente avuto la meglio nell'agenda politica degli ultimi giorni. Backstage invece, ancora una volta, ha raccolto le voci e le istanze provenienti dal territorio.
Nel corso della puntata di lunedì scorso, in onda in diretta online come sempre alle 21 su Torino Oggi e sulla stessa pagina facebook, alla presenza dei rappresentanti di alcune delle circoscrizioni più “calde” della città, in cui la questione sicurezza spesso fa rima con immigrazione, abbiamo fatto il punto declinando il tema sulla percezione dei cittadini e sulla comunicazione che viene data dalle autorità. Ha iniziato Raffaele Petrarulo, capogruppo di “Noi per l'Italia” presso la Circoscrizione 6, promotore del Consiglio aperto e da anni attento osservatore dei fenomeni di illegalità e di difficile convivenza che si registrano in Barriera: “Non si vuole uno Stato militarizzato però qui c'è, a mio parere, un disinteresse delle istituzioni, quelle passate e quella presente. E' necessario che si faccia qualcosa di tangibile per dare il senso ai cittadini di essere protetti”. Anche dalle situazioni apparentemente innocue. Claudio Bertolotti, analista strategico ed esperto di fenomeni migratori con importanti incarichi presso organismi internazionali, solleva un nuovo allarme relativo ad una realtà con la quale può capitare di avere inconsapevolmente a che fare. In che modo? Semplicemente facendo l'elemosina a qualcuno dei tanti migranti che sempre più frequentemente stazionano, cappellino in mano, fuori da supermercati, centri commerciali e nelle zone di maggior passaggio. Si tratta, ha spiegato Bertolotti, di persone parte dell'ingranaggio del racket dell'elemosina, attività ad alta redditività per chi la organizza, così come avviene per il traffico di droga o lo sfruttamento della prostituzione: “Noi vediamo l'ultimo anello, il questuante appunto, di una grande organizzazione che è in realtà un fenomeno di criminalità transnazionale organizzata che si stima frutti 160 milioni di euro l'anno solo in Italia. Si tratta della mafia nigeriana, presente in Europa ma anche in nord America, in Giappone e in Asia. I questuanti non impauriscono, il chè ha permesso a questa organizzazione criminale di affiancarsi alle mafie locali sviluppando, soprattutto negli ultimi due anni, questa nuova attività. I questuanti, l'ultimo anello della catena, sono spesso ospiti dei centri di accoglienza che vengono giornalmente “prelevati” e portati sul posto, sempre lo stesso, a chiedere elemosina”. E in una ipotetica classifica della presenza di questa organizzazione, qual'è la posizione di Torino? “Torino è una delle città in cui il fenomeno della mafia nigeriana è più radicato, dice Bertolotti, lo dimostrano recenti procedimenti penali: non più tardi di un mese fa c'è stato l'arresto di 23 soggetti ascrivibili a questa organizzazione tra i quali un capo di elevato livello.”
Stefano Delpero, capogruppo della Lega alla Circoscrizione 8, zona Lingotto, si collega alla questione ex Moi per sottolineare che oltre alla mafia vera e propria ci sono a volte modalità mafiose: “Al Moi si è creato un sistema di subaffitto, si sono aperti negozi abusivi, c'è un mercato della ricettazione. E' intollerabile”.
Luca Deri , presidente della Circoscrizione 7 (zona Aurora - Regio Parco, ai confini di Barriera di Milano, Vanchiglia, Sassi) pur consapevole delle criticità del territorio, la racconta anche in positivo, citando il caso dei famigerati giardini Madre Teresa di Calcutta, oggetto per anni di allarme e proteste dei residenti per l'evidentissimo fenomeno di spaccio ad opera di pusher stranieri: telecamere, sinergia cittadini- pubblica amministrazione, insediamento di realtà come quella, recentissima, del quartier generale di Lavazza, hanno permesso un cambiamento radicale della situazione. Fondamentale anche la maggior presenza delle forze dell'ordine: “Come ha detto il Questore, la divisa deve farsi vedere . Telecamere e visibilità delle forze dell'ordine sul territorio hanno dato risultati. Ma attenzione, la riqualificazione del quartiere Aurora passa necessariamente attraverso la riqualificazione dei 72mila metri quadri dell' ex Ogm. Diversamente qualsiasi soluzione non sarà definitiva”.
E ancora, sicurezza reale e sicurezza percepita: “Se un cittadino che esce di casa si sente insicuro significa che c'è un ambiente circostante che gli comunica insicurezza. E lo Stato che non sa garantire la sicurezza del cittadino cessa nel suo ruolo di Stato”, sottolinea ancora Bertolotti.
Deri ritorna alla questione nella sua dimensione locale: “Non c'è dubbio che l'amministrazione torinese abbia fatto errori di comunicazione ed errori politici: inserire i centri sociali nelle questioni sgomberi, tollerare le occupazione di alloggi è sbagliato: credo che lo Stato dovrebbe dare il senso della sua presenza andando a liberare quegli alloggi e assegnandoli ai legittimi assegnatari”.
Si torna al rapporto sicurezza-immigrazione: “Il problema è l'immigrazione irregolare, se fosse regolarizzata la maggior parte dei problemi cesserebbe. La decisione politica coraggiosa è bloccare gli ingressi irregolari, ovvero l'84% del totale, e consentire ai regolari l'accesso al territorio europeo tramite corridoi umanitari. E' necessario fare un distinguo molto chiaro tra chi può e chi non può entrare” .
Un invito dunque al prossimo governo. Sarà colto? Prima ci va un governo. Ma questa è un 'altra storia.
Patrizia Corgnati