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Eventi | 30 novembre 2018, 10:02

Mos Def per Jazz:Re Found: dove hip hop e jazz rinsaldano il proprio connubio spirituale

L’artista si esibirà questa sera sul palco del Supermarket al fine di mostrare, ancora una volta, come tutto sia collegato a un livello più profondo e primitivo: musica, arte e uomini

Mos Def per Jazz:Re Found: dove hip hop e jazz rinsaldano il proprio connubio spirituale

Artista conscious, di elevata levatura intellettuale e precursore dei “performer totali”, prodotto di un connubio tra musica, cinema e arte contemporanea: si tratta di Dante Terrel Smith, in arte Mos Def, rapper, cantautore e attore statunitense che si esibirà questa sera – venerdì 30 novembre – al Supermarket, in occasione dell’edizione “Black and Forth” del Festival Jazz:Re Found - da sempre dedito alla diffusione dei più importanti linguaggi musicali contemporanei, divulgatore capillare di sonorità che trovano un ceppo comune nella blackness, dall’Africa al jazz, dalla techno alla disco music.

Nato artisticamente nel 1994, con il gruppo Urban Thermo Dynamics e il primo disco, “Manifest Destiny”, Mos Def si trasferisce, due anni dopo, a Brooklyn, dove avvia la collaborazione con i gruppi rap De La Soul e Da Bush Babees e firma un contratto con l’etichetta Rawkus Records. Con quest’ultima pubblica “Mos Def & Talib Kweli are Black Star”, nel 1998 – in cooperazione con Talib Kweli e dj Hi-Tek – e l’album da solista “Black on Both Sides” – la cui copertina cita quella di “Tutu” di Miles Davis.

Di qui, una carriera costellata di traguardi, non solo musicali, ma anche cinematografici – con film quali “Monster’s Ball” e “Bamboozied” –, cui seguono gli album “The New Danger” (2004), “True Magic” (2006) e “The Ecstatic” (2009).

A questi anni risale, inoltre, la conversione di Mos Def all’Islam – con la conseguente assunzione del nome Yasiin Bey e l'ammissione alla Nation of Islam, gruppo islamico fortemente radicato nelle comunità afroamericane degli Stati Uniti e particolarmente interessato alla cultura hip hop – e i video di protesta nei confronti del carcere di Guantanamo, le cui torture sono state denunciate attraverso la sottoposizione dell’artista stesso alla pratica dell’alimentazione forzata – filmato poi diffuso da The Guardian.

Un artista a tutto tondo sempre sospinto, dunque, dalla volontà di non eccellere in ciascun ambito, bensì di dimostrare che sussista una connessione profonda, primitiva e istintuale in tutto: un ritmo atavico mediante cui ogni cosa è stata plasmata.

Roberta Scalise

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