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Eventi | 13 novembre 2019, 08:24

Le atmosfere felliniane contagiano Pirandello: così Lavia porta in scena i suoi "Giganti"

Debutta questa sera "I giganti della montagna", fino al 1° dicembre al Teatro Carignano di Torino. Cast imponente con oltre venti attori

Le atmosfere felliniane contagiano Pirandello: così Lavia porta in scena i suoi "Giganti"

Il colossale dramma incompiuto di Luigi Pirandello, datato 1933, riplasmato dalle mani di un "gigante", anch'egli, del teatro italiano. Debutta questa sera al Teatro Carignano di Torino I giganti della montagna, diretto da Gabriele Lavia, dopo la prima nazionale al Teatro della Pergola. Si tratta, per l'attore e regista milanese, del capitolo finale che chiude la trilogia pirandelliana dopo Sei personaggi in cerca d’autore e L’uomo dal fiore in bocca

Lo spettacolo - prodotto da Teatro Stabile di Torino/Teatro Nazionale, Fondazione Teatro della Toscana, Teatro Biondo di Palermo - resterà in scena fino al 1° dicembre.

«Quest’opera è un abisso, una vertigine», spiega, raccontando il testamento artistico del drammaturgo siciliano, senza dubbio il suo testo più astratto e metafisico, sintesi più alta di tutta la sua poetica.

Lavia incornicia la trama onirica in un allestimento che combina grandiosità scenografica e coreografica. La storia del mago Cotrone al cospetto del mistero dell’Oltre diventa una folle, poetica sarabanda ambientata in un tempo e luogo indefiniti, tra favola e realtà, con atmosfere dal sapore felliniano.

Lo spettacolo è una grande (utopistica) celebrazione del teatro come spazio salvifico, libero e indipendente, ultima roccaforte dell’umanità, in una società distratta e svuotata di principi e ideali.

Una compagnia di teatranti girovaghi, sperduti e disperati, arriva alla villa detta La Scalogna dove vive il mago Cotrone, che dà loro rifugio. Per Lavia, Cotrone è, sì, l’alter ego di Pirandello (morente), ma anche di se stesso, colui che vive rifugiato o emarginato nell'illusione che il Teatro possa essere il Luogo Assoluto, fuori da ogni contaminazione. La pièce è un omaggio alle magie dell’Arte, prodigi straordinari che consolano l’incompiutezza umana. E guariscono, dice Lavia, la solitudine dell’«anima sola con se stessa».

La scena di Alessandro Camera, i costumi di Andrea Viotti (Premio Le Maschere del Teatro Italino 2019), le musiche di Antonio Di Pofi, le luci di Michelangelo Vitullo, le maschere di Elena Bianchini, le coreografie di Adriana Borriello, incorniciano l'opera pirandelliana in un allestimento maestoso, con un cast imponente di più di venti attori, anche mimi, danzatori, musicisti. 

Manuela Marascio

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