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Economia e lavoro | 27 febbraio 2020, 13:30

Anagrafe, il Comune di Torino valuta estensione dello smart working: “Il servizio potrebbe beneficiarne”

Attualmente sono 647 i dipendenti comunali che possono accedere al lavoro da casa, più del 10% degli aventi diritto. L’assessore Rolando: “Farò il possibile per aumentare questo numero”

Anagrafe, il Comune di Torino valuta estensione dello smart working: “Il servizio potrebbe beneficiarne”

Lavorare da casa per aumentare la produttività, non inquinare e, perché no, essere operativi anche durante situazioni d’emergenza come nel caso del Coronavirus.

Palazzo Civico apre alla possibilità di estendere lo smart working ai propri dipendenti e la “rivoluzione del lavoro agile” potrebbe partire da uno dei servizi che nell’ultimo periodo ha palesato le maggiori difficoltà: l’anagrafe. Attualmente, presso il Comune di Torino, sono 647 i dipendenti che hanno accesso allo smart working: di questi 578 lavorano ai progetti generalizzati, mentre gli altri 69 ai progetti pilota.

I lavoratori stipendiati da Palazzo Civico sono 8893, ma non tutti possono lavorare da casa: se si eliminano infatti alcuni dipendenti presso la polizia municipale o gli educatori, che naturalmente hanno bisogno di trovarsi fisicamente sul posto di lavoro, il numero di utenti potenzialmente interessati da questa rivoluzione è di 4500.

Il 10% dei dipendenti comunali aventi diritto hanno già la possibilità di lavorare in smart working, pertanto gli obiettivi posti dalla normativa del 2018 sono ampiamente rispettati. E’ però una precisa volontà dell’assessore al Bilancio Sergio Rolando incrementare questo numero: “Farò il possibile per aumentare i lavoratori in smart working”.

Come detto, uno dei primi settori che potrebbe beneficiare della produttività dei lavoratori da casa è quello delle anagrafi, che conta circa 500 utenze e che in passato ha palesato più di una sofferenza. “Stiamo lavorando al riordino delle anagrafi, ho intenzione di iniziare a parlarne lì, perché ci possono essere attività facilmente svolgibili da casa” ha ammesso l’assessore. L’ostacolo più grande, in tal senso, è la richiesta del Ministero di non consentire lo smart working alle persone che lavorano su pratiche anagrafiche. In sostanza, solo un numero limitato di dipendenti potrebbe accedervi, quelli che svolgono attività non secretate dal decreto.

Inevitabilmente, per favorire lo sviluppo dello smart working, il Comune di Torino dovrà risolvere alcuni problemi, soprattutto tecnologici e di mezzi, ma la volontà dell’amministrazione appare chiara. “Sono soddisfatto dei passi avanti fatti dal Comune nel lavoro agile nell’ente, ma è ora di rivedere alcuni aspetti organizzativi e di opportunità in modo da estendere le possibilità di lavoro agile”, ha spiegato Federico Mensio, fermo sostenitore dello smart working.

Secondo il consigliere pentastellato uno dei grandi vantaggi è che, anche in caso di emergenza, il lavoro da casa permette di non fermare l’attività produttiva: “Deve però essere un lavoro agile reale, non una volta al mese. Altrimenti diventa una foglia di fico”.

Ecco perché, nei prossimi mesi, verrà effettuata un’analisi per capire a quali settori applicare il concetto e favorire così lo smart working: una soluzione ecosostenibile e produttiva, al passo con i tempi e con le logiche delle aziende, più forte di qualsiasi emergenza. Anche del Coronavirus. Il pubblico, di fatto, potrebbe seguire l’esempio del privato.

Andrea Parisotto

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