"Un lockdown che ha dell'incredibile". Lo dicono quei negozianti torinesi che appartengono alle categorie che non fanno parte delle eccezioni. Non vendono alimentari o beni di prima necessità e non rientrano nel prezioso elenco allegato all'ultimo dpcm emesso dal Governo Conte. Dunque non si sono salvate: devono stare chiuse fino a nuovo ordine.
Appartengono a questo girone (infernale, dal loro punto di vista) settori come Moda, Arredamento casa, Antiquari e Gioiellieri, che si aggiungono - oltre al settore ricettivo, turistico e sportivo - alle (non tantissime, a dire la verità) categorie con le attività chiuse.
"Al primo posto va messa sempre la salute dei cittadini, dei clienti, degli addetti, degli imprenditori e delle loro famiglie - dicono da Ascom Torino e provincia -, ma è difficile digerire questi provvedimenti quando abbiamo investito importanti risorse per andare avanti con coraggio, rispettando protocolli e linee guida per la sicurezza e digitalizzando le nostre aziende. Abbiamo puntato sulla multicanalità, promosso nuovi servizi, incrementato sconti ai clienti, riducendo, però, la marginalità e di conseguenza la possibilità di sopravvivenza. Nessuno, dopo l’esperienza della tragica primavera, capisce che questo nuovo lockdown è fisico per alcune categorie, ma anche virtuale e non meno letale per le aziende dei settori che rappresentiamo".
Il rammarico però lascia spazio anche alle critiche e alle recriminazioni sulle scelte fatte dalle istituzioni nazionali. “Vorremmo sapere in base a quali dati scientifici si siano basati; con rammarico dobbiamo attenerci alle disposizioni dell’ultimo DPCM, ma per le nostre aziende sarà un disastro, con la paura che questi 15 giorni di chiusura risolveranno ben poco. Abbiamo già perso le cerimonie e se il lockdown compromettesse gli acquisti del Natale si andrà verso la chiusura definitiva di tanti nostri soci con la perdita di posti di lavoro e di professionalità del settore importanti”, sostiene Enrica Vinesia, presidente Associazione Orafa Torinese.
“Chiediamo di poter lavorare, e soprattutto di avere sgravi e ristori per un provvedimento ingiusto, il ciclo di vita dei nostri prodotti del settore moda è decisamente breve e pensare di recuperare con il periodo dei saldi è illusorio - aggiunge Gianfabio Vanzini, presidente di Federmoda Torino -. Inoltre noi rappresentiamo una filiera importantissima che a cascata si riversa sui fornitori, le aziende produttive. Siamo nudi di fronte a questa situazione, come i manichini che abbiamo lasciato in vetrina”.
A finire sul banco degli imputati anche le modalità con cui le decisioni sono state comunicate alle categorie, togliendo di fatto la possibilità agli imprenditori di organizzarsi. “Il mese di novembre è storicamente un mese importante per il prodotto arredo e complementi - dice Andrea Sacco, Federmobii Torino -. Chiediamo dei crediti di imposta veri, una forte detassazione e un aiuto concreto per sostenere il nostro comparto, ad esempio sarebbe fondamentale declinare il bonus mobili esistente anche a livello regionale come la Lombardia".
E Aldo Ajassa, del direttivo dell’Associazione Antiquari e Gallerie D’Arte, si dichiara “molto amareggiato perché, nonostante tutti i proclami sbandierati sul sostegno all’arte ed alla cultura, ancora una volta nel nostro Paese si vanno a chiudere i Musei e le attività come le nostre che hanno anche, in momenti di crisi ed emergenza, un effetto rilassante e benefico sulla popolazione. In Spagna i luoghi dell’Arte sono aperti”.
Intanto, per quanto riguarda i ristori e il nuovo decreto, da Confesercenti arriva un giudizio in chiaroscuro per i provvedimenti in adozione dall'esecutivo, che prevederebbero sostegni anche agli ambulanti e ad alcune categorie in particolare. "Ci siamo battuti per fare inserire fra i beneficiari gli ambulanti e la nostra richiesta è stata accolta. Ciò è sicuramente positivo - dice Johnny Iorio, presidente di Anva, l'associazione di categoria - perché sarebbe stato incomprensibile accordare benefici al commercio fisso e negarli agli ambulanti dello stesso settore. Siamo dunque soddisfatti che il governo abbia compreso le esigenze delle tante migliaia di ambulanti in difficoltà". Stessa soddisfazione Confesercenti la esprime per la "ristorazione senza somministrazione" (pizzerie al taglio e attività simili), incomprensibilmente esclusa dal primo decreto.
Giudizio diverso, invece, per l'assegna (ancora una volta) degli agenti di commercio. "Non possiamo non rilevare l'esclusione degli agenti di commercio - dice Gisella Facta, presidente di Fiarc, l'associazione di categoria -. Nonostante tutte le nostre sollecitazioni, il governo si è completamente dimenticato della filiera: eppure, se bar e ristoranti sono chiusi ne soffrono anche gli agenti che li riforniscono; se il turismo è fermo anche gli agenti di settore lo sono. Si tratta di perdite che sfiorano il 90% del fatturato. Più in generale, è l'intera categoria a essere colpita dalla contrazione dell'economia, come più volte abbiamo evidenziato a governo e istituzioni locali, purtroppo invano. Chiediamo al governo un intervento immediato e risolutore: ne va della sopravvivenza dell'attività dei 20.000 agenti piemontesi".