"Stimiamo 3.000 aziende a rischio chiusura in tutto il Piemonte, per 18mila lavoratori. Servono strumenti e sostegno, ma anche puntualità nei ristori. Non siamo più disposti a passare per untori. E senza dimenticare che oltre al danno economico c'è anche lo spreco di cibo e di risorse, a causa della disorganizzazione". La voce di Alessandro Mautino, presidente di Epat Torino, è una delle tante che si sono raccolte questa mattina sotto la sede di Ascom Torino, in via Massena e in corso Stati Uniti, per un flash mob contro la strategia che ormai da un anno caratterizza la lotta al Covid.
Una strategia che nei giorni scorsi ha portato anche ad aperture contro la legge, che hanno inevitabilmente condotto a multe e ulteriori danni per la categoria: "Abbiamo diffidato i nostri associati dal farlo - dice ancora Mautino -. Comprendiamo il sentimento che ha portato a una scelta così forte, ma non possiamo condividere iniziative fuori dalla legalità. E rispetto a quello che si diceva, i rischi erano molto più gravi. Si tratta di un malessere che però deve essere ascoltato, dal governo e dalle istituzioni sociali. Tenere gli animi calmi è sempre più diffiicle: sembra ci sia accanimento verso le nostre aziende e la gente non capisce".
Un enorme striscione con scritto "#Basta" appeso ai balconi e poi decine di operatori, distanziati e con mascherina, a rappresentare fisicamente il disagio e la protesta. Ristoranti, bar, pasticcerie, ma anche gelatai, trasporti, agenzie di viaggio e addirittura maestri di sci. "Siamo di fronte a numeri impressionanti, con chiusure che a seconda dei settori possono andare dal 10 al 40%", dice Maria Luisa Coppa, presidente di Ascom Torino e provincia.
"Colpa anche dei dpcm che arrivano all'ultimo momento, ma anche di un sistema di colori che fa sì che nessuno capisca più niente. E poi i codici Ateco, che dimostrano per chi li usa una scarsissima conoscenza del nostro settore - prosegue Coppa -. Anche i ristori non bastano, rispetto alle spese che ha dovuto sostenere ogni attività, dietro la quale deve anche vivere una famiglia".
E poi la concorrenza: "Ci sono categorie che continuano a lavorare, ma di cui non si capisce la differenza rispetto a noi. E le multinazionali, che non pagano le nostre tasse, fanno fatturati enormi. Il tutto mentre il pubblico non ha fatto quello che doveva, a partire dal tracciamento e da Immuni, ma non solo", conclude Coppa. Anche se la domanda più grande riguarda il futuro: "Cosa pensa di fare lo Stato per rilanciare il settore? Servirebbe un taglio alle tasse, un biennio bianco, ma anche strategie di rilancio e promozione".
Infine, la presidente Coppa ha voluto parlare anche della necessità delle vaccinazioni anche per i commercianti: "Il privato è sempre in secondo piano rispetto al pubblico. E' legittimo e doveroso che i primi siano gli anziani, gli operatori della Sanità e le forze dell'ordine, ma quando diremo che è necessario vaccinare presto anche gli addetti del commercio per settori come l'alimentare, che hanno sempre lavorato e sono stati a contatto con le persone. Lo Stato deve smettere di ignorarci".