I Madbeat nascono tra Torino e Cuneo nel 2013 e il loro genere è il punk-rock. Tra riff, ritmo della batteria e voce graffiante raccontano i problemi sociali e la quotidianità senza essere troppo diretti ma incuriosendo l’ascoltatore. Dopo due dischi all’attivo e dopo essersi esibiti in Italia e all’estero, da poco hanno pubblicato l’album Cadere, che racconta come la gente ha reagito alla pandemia che stiamo vivendo.
Nel disco c’è anche la città, Torino è infatti protagonista del singolo Città girato da Alina Bruno e Santiago Lescano. Protagonisti del videoclip sono quelli che una volta erano i luoghi di aggregazione della città come i Murazzi o il Blah Blah. Un omaggio che i Madbeat dedicano alla loro città, caotica ma allo stesso rassicurante, con l’augurio di tornare presto a viverla ed animarla.
Come si sono formati i Madbeat e perché si chiamano così?
"I Madbeat si sono formati nel 2013 in uno scantinato come molte altre band prima di noi. I componenti della prima formazione erano sia della provincia di Cuneo che della provincia di Torino e tutti arrivavamo da altre band parallele, ognuno aveva il suo percorso musicale alle spalle. Ritrovandoci in sala prove e dovendo decidere un nome, pensammo al fatto che da un miscuglio di generi differenti (come eravamo noi) doveva per forza nascerne qualcosa di folle, quindi Madbeat".
Cosa vuol dire fare musica punk nel 2021 in una scena musicale molto composita e pop?
"Credo che il Punk-Rock abbia sempre avuto il suo pubblico e il suo seguito e credo addirittura che sia alla pari di molti numeri presenti nel main stream. Ci sono molti meno soldi e pubblicità, ma il mondo Punk-Rock è molto ampio e brulica di nuove band molto valide ogni anno. Suonare punk (musica punk-rock) nel 2021 è differente per ovvi motivi dagli anni 70 o dagli anni 90, a livello di produzione musicale è cambiato tutto".
Cosa ispira la scrittura dei vostri testi?
"Tutto quello che mi circonda. Quotidianità, problemi sociali e come le persone li affrontano. Parto dalla musica che scriviamo e riascoltandola catturo i temi che più si addicono al tipo di canzone e li sviluppo. Il non essere troppo diretto nella scrittura è entrato che mi piace molto, e incuriosisce sempre capire il senso dei testi".
È uscito da poco Cadere, il vostro nuovo disco, che cosa ci racconta?
"Racconta principalmente come la gente ha vissuto e come ha reagito a questo periodo e ai problemi che sono nati durante. Parla di come viene vista la città, di come la gente tenda ad arrendersi, di come è facile tralasciare le cose importanti".
La vostra Torino musicale e non.
"La nostra Torino musicale è caratterizzata da molti ricordi, è una storia lunga anni. I vecchi gruppi HC, la cultura musicale e le persone che l’hanno caratterizzata. A Torino c’è sempre stata una scena attiva musicalmente che si è propagata in tutta Italia. La Torino non musicale è caotica ed affascinante. Superare una coda di macchine ferme, cercare parcheggio per un’ora, affrontare tutto il traffico del centro per arrivare in un piccolo pub, dove incontri i tuoi amici, questo ti fa dimenticare ogni lato negativo. Torino è multiculturale e vasta. Puoi essere alla ricerca di niente e trovi tutto".
Teatri e cinema chiusi, la musica confinata alle cuffie. Come si vive da artisti questo difficile momento per la musica?
"È molto difficile scrivere un disco in un periodo del genere. È molto difficile essere un musicista. Vivi la tua vita carica di stimoli che arrivano da 1000 direzioni, vivi la frenesia dei luoghi e della gente, e poi ad un tratto ti ritrovi a vivere la stessa frenesia rinchiuso tra 4 mura. È difficile sotto ogni aspetto. Noi abbiamo voluto in tutti i modi questo disco perché era un colpo di reni necessario alla sopravvivenza. Dovevamo continuare a muoverci anche se tutto era fermo. Ci siamo riusciti ed ora avremo un pò di tempo per ragionare sui passi futuri che, speriamo, ci riporteranno alla musica live a alla gente sotto ai palchi".