La scrittrice della Val Germanasca, Valeria Tron, ospite del Salone del Libro 2025 per presentare il suo secondo romanzo, racconta il suo ‘Pietra Dolce’ (Salani) e la sua visione.
Cos’è ‘Pietra Dolce’?
“È la promessa di qualcosa che aveva covato dentro di me da 16 anni, dalla morte di mio padre - racconta l’autrice 44enne -. Io sono figlia e nipote di miniera, la mia valle è di miniera. L’indagine è stata sulla miniera che ci portiamo dentro, ho musicato i vuoti, tutti i linguaggi non verbali che mi sono stati passati dal mio vivere, da chiunque mi abbia educata lassù. Questi vuoti hanno prodotto 400 pagine di romanzo”.
Quanto c’è della Val Germanasca nei tuoi romanzi?
“Mi ritengo figlia del mondo, ho avuto la grande fortuna di aver vissuto con le bussole dei desideri, con una grande creatività, la manualità e di avere a portata di mano una biblioteca di vite che è la letteratura del quotidiano. I miei erano serbatoi di grande letteratura e me l’hanno passata tutta. Non posso slegarmi dalla mia terra, non vorrei farlo, per risonanza mi piace trovarmi a casa in tutte le terre, è quello che faccio. Parlo una lingua che ha mille anni e che è sorella a tutte le lingue di terra, quindi non posso essere disgiunta dagli altri anche solo per questo”.
E per quanto riguarda i giovani, oggi quanto sono legati alla sua terra?
“Credo tantissimo nei ragazzi, sono l’anima del nostro essere migliori. Se noi perdiamo il contatto con la terra, la manualità, la fatica, il sacrificio, la qualità, loro non possono innamorarsene se non per caso fortuito. Dovremo tutti fare un passo indietro e riallacciare dei nodi importanti attraverso le persone che vivificano questi nodi. Si creerebbe così un ecosistema di solidarietà e solidità, perché non esiste una cosa senza l’altra. Tutti i giovani hanno bisogno del nostro amore per le cose che vivono. Questo esempio è un avvicinamento, la libertà poi fa il resto”.
Il tema del Salone è “Le parole tra noi leggère”, cosa ne pensi del concetto che si porta dietro?
“Il patois mette libro e libero nella stessa parola. Credo che le parole importanti non siano facili, anzi ti chiedono di toglierti qualcosa. Per esempio, la parola coraggio, che significa mettere il cuore, non ha nulla a che vedere con la forza fisica, ma tutto con la speranza, nel cedere qualcosa di nostro agli altri. È una parola difficile, io credo nella complessità. Siamo animali fatti per la complessità. La leggerezza va bene, ma per arrivare a quella quieta bisogna disobbedire alla fretta e prendersi il tempo della contemplazione. Dobbiamo investigare la complessità”.
Qual è il sogno nel cassetto di Valeria Tron?
“Il mio sogno è che chiunque possa trovare una scintilla di felicità prima o poi. Sono cose minuscole, arrivano quando meno te lo aspetti, magari hai sudato, ma è come un’ala di farfalla, ti lascia addosso una polvere e tu la senti e la assorbi, ecco quella microquota di felicità dovrebbe essere per tutti”.