Un Piemonte a due velocità, fiaccato e spaventato dalla pandemia. E sempre meno soddisfatto dal proprio reddito. I più poveri, più in difficoltà, chi è benestante - all'opposto - accumula di più. È questa l'immagine che Intesa Sanpaolo restituisce con la sua indagine sul risparmio degli italiani nel 2020, realizzata in collaborazione con il Centro Einaudi, che ovviamente accende un riflettore anche sulla nostra regione. "Siamo ancora in piena vitalità di questa pandemia - dice Beppe Facchetti, presidente del Centro - e gli effetti sull'economia sono ancora evidenti, ma accanto agli effetti puramente economici, c'è anche uno spaccato sociale sui comportamenti delle famiglie, delle imprese e dei cittadini".
"La crisi del 2009 ha avuto effetti molto più rilevanti, rispetto a questa della pandemia - prosegue - ma quest'ultima ha avuto risvolti sui comportamenti, a livello psicologico, di fronte a un fenomeno mai globale come questa volta, il senso di precarietà e la messa in discussione del senso di sicurezza, di tranquillità e di visione serena per il futuro".
Sempre meno le famiglie che mettono qualcosa da parte
Dai numeri, infatti, emerge che la crisi da Covid ha ridotto il numero di famiglie che è riuscita a risparmiare nel corso dei mesi passati. Si scende infatti dal 59,3% del 2019 al 47,3%, arrivando a fare anche peggio del dato italiano (48,6%).
Solo il 10,2% delle famiglie (contro il 22% dell’anno scorso) ha peraltro risparmiato con un’intenzione precisa, mentre si affacciano voci decisamente più curiose come il 30,5% che dichiara di essere un “risparmiatore involontario” e il 6,6% dichiara di “non essere riuscito a spendere”, presumibilmente a causa delle restrizioni imposte dall’emergenza.
Chi risparmia con un obiettivo guarda alla casa, mentre spariscono le motivazioni legate ai figli (incluso il motivo ereditario), che valevano il 14,3% l’anno scorso (e che valgono il 14,2% quest’anno in media in Italia). La maggior parte dei piemontesi ha cercato di realizzare un generico "risparmio precauzionale" per eventi imprevisti (lo ha fatto il 50,5% contro 59% dell’anno passato), al quale si aggiunge, quest’anno, il 15,7% che dichiara di aver risparmiato per fronteggiare i rischi legati alla situazione dovuta alla pandemia. Infine, il risparmio per l’età anziana incide per l’8,9% e non è di tipo strettamente previdenziale, ma piuttosto è legato alla necessità percepita di pagare, in vecchiaia, spese di assistenza medica. Un altra cicatrice lasciata dalla pandemia.
"Si ritiene che nemmeno la variante Omicron dovrebbe bloccare la ripresa - aggiunge Gregorio De Felice, responsabile dell'ufficio studi di Intesa Sanpaolo -, ma non ci si aspettava una crescita così importante dell'inflazione, anche per la difficoltà sulle scorte e sulle materie prime. Chi ci rimette sono i lavoratori dipendenti in cui non c'è un recupero dei salari e degli stipendi rispetto all'incremento dei prezzi, come accade in Europa e soprattutto i risparmiatori".
Effetto paura: chi può, accumula e cerca liquidità
Allo stesso modo, però, chi è riuscito a mettere qualcosa da parte, ha addirittura rinforzato le scorte rispetto al passato: ecco perché l'ammontare dei depositi bancari sale del 12,8% (in Italia "solo" del 9,5). Ed è cresciuto anche la fetta di reddito messa da parte da chi c'è riuscito: dal 13,8% al 14,6%. Ma pur sempre di paura si tratta, tanto che tra le priorità di investimento prende corpo la liquidità (dal 7,8% all'11%) mentre perde decisamente quota il rendimento di lungo periodo (dal 13,5% al 4,7%).
Tre i fattori che hanno influenzato su questo maggiore risparmio: il rinvio degli investimenti da parte delle imprese, la preferenza per la liquidità in un periodo di incertezza e, certamente, un incremento del risparmio aggregato, che ha riguardato probabilmente, tuttavia, le scelte forti (o comunque importi particolarmente elevati) di una minoranza delle famiglie.
Il 44,3% degli intervistati in Piemonte (nel 2020 erano il 50,9%) si definisce contrario a correre rischi nel campo degli investimenti finanziari e tra gli obiettivi ci sono soprattutto la sicurezza di non perdere una parte rilevante del capitale investito (oltre il 75%), quindi la liquidità e il rendimento di breve periodo (meno di un anno). Per il 46,2% degli intervistati l’orizzonte temporale adeguato per la valutazione del rendimento di un investimento finanziario è inferiore a 3 anni.
"Chi ha potuto risparmiare - spiega Giuseppe Russo, direttore del Centro Einaudi - appartiene a un ceto sociale superiore e con maggiore capacità di risparmio. Ecco perché i risparmi in senso assoluto sono aumentati. È la conferma che la pandemia ha aumentato le distanze".
Chi resiste è sempre il mattone
Chi non cede (soprattutto rispetto alle tendenze italiane) è il mattone: le famiglie che hanno deciso di comprare casa e che hanno un giudizio positivo sull'investimento immobiliare sono salite ulteriormente, passando dal 90% al 93%. Si riduce anche la preoccupazione per gli oneri collegati alla proprietà di un immobile (15,7% contro il 23,7% dell’anno passato), ma, forse anche in coerenza con un’accresciuta propensione per la liquidità, aumenta quella di non riuscire a vendere rapidamente l’immobile in caso di necessità (17,8% contro il 9,9% dell’anno passato). L’investimento nell’immobile è ritenuto sicuro (65,3%, contro il 51,9% dell’anno passato), è apprezzato perché consente di risparmiare l’affitto (63,8% contro il 59,2% dell’anno passato) e al 48,5% investire nell’immobile piace perché è un modo per lasciare un’eredità ai figli (era il 58,8% l’anno passato).
Sempre meno quelli che sono soddisfatti dal proprio reddito
A livello di reddito personale, il 93,1% del campione piemontese dichiara di essere stato completamente indipendente dal punto di vista finanziario nel 2020, in lieve calo rispetto al dato dell’anno passato (94%). Ma scende al 70,1% (contro il 77% dell’anno scorso) la percentuale di chi ritiene di avere un reddito adeguato al proprio sostentamento. Il 53,4% dei piemontesi reputa il proprio reddito sufficiente (erano il 61,3% nell’Indagine 2020), per il 16,7% è più che sufficiente (erano il 15,7%).
Calano gli ottimisti sul fronte pensione
Si ridimensiona però l’ottimismo sulla propria condizione reddituale in età pensionabile (65-70 anni). Per il 53,1% degli intervistati con un’età inferiore ai 60 anni (contro il 59,1% dell’indagine 2020), il reddito all’età della pensione sarà almeno sufficiente al proprio sostentamento (55,3% in Italia e 55,2% nel Nord-Ovest). Sale all’11,6% (dal 5,6% del 2020) la quota di chi ritiene che il proprio reddito non sarà sufficiente (In Italia scende dal 12% al 9,4%; nel Nord-Ovest sale meno di un punto: dall’8% all’8,9%).
La percentuale di intervistati in Piemonte che hanno sottoscritto un fondo pensione, oppure un piano integrativo pensionistico o una forma assicurativa di tipo pensionistico è del 16,6% (stabile rispetto alla scorsa Indagine, che registrava il 16,2%). In Italia sono 12,6%, e l’11,2% nel Nord-Ovest.
Nuove forme di banca
L'indagine di Intesa Sanpaolo mostra anche come la diffusione dell’lnternet banking si attesti al 50,6% (decisamente meno che in Italia, col 61,4%); in forte crescita il mobile banking, utilizzato dal 42,7% degli intervistati piemontesi (erano il 29,9% nel 2020), anche se l’utilizzo è leggermente inferiore alla media nazionale (49,2%).
Europa meno matrigna, dopo gli aiuti anti Covid
Migliora infine il giudizio sull’Europa e se ne riconosce il ruolo nel fronteggiare la crisi economica generata dall’emergenza sanitaria. La metà dei piemontesi valuta positivamente l’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea, erano il 42,4% prima della pandemia. Il sostegno dell’Europa contro la crisi economica generata dall’emergenza sanitaria è utile per l’86,6% del campione piemontese, in linea con il giudizio del campione della popolazione italiana nel suo complesso (84,1%) e con quello del Nord Ovest (88%). Sul fronte di ipotetiche ulteriori cessioni di sovranità solo il 41,2% è favorevole a un incremento del bilancio europeo (47,1% in l’Italia e 48,4% nel Nord ovest); solo il 35,8% è favorevole a un’imposizione fiscale direttamente europea (37,4% in l’Italia e 36,3% nel Nord ovest); ma il 63,8% è favorevole a una difesa comune (63,1% in l’Italia e 63% nel Nord ovest).
"Il 2022 sarà l'anno della verità per concretizzare le condizioni per il rilancio dell'economia - conclude De Felice - e sarà fondamentale che la politica rispetti gli impegni fissati con l'Unione Europea, nell'ottica dell'arrivo dei fondi del Pnrr. Ma bisogna anche gettare le basi per le riforme del futuro, così da consolidare la crescita del futuro".