La stagione dell’Unione Musicale riprende dopo la pausa natalizia con un duo di gran cIasse: il violoncellista francese Gautier Capuçon incontra uno dei suoi partner più congeniali, il pianista russo Nikolai Lugansky, mercoledì 18 gennaio 2023 (Conservatorio Giuseppe Verdi, ore 20.30).
Due artisti dalla solida carriera solistica che hanno creato una collaborazione di rara intensità, come dimostrano le loro numerose interpretazioni capaci di entrare in profondità nel mondo degli autori e di cogliere le sfumature che legano lavori anche apparentemente lontani.
Nato nel 1981 a Chambéry, Gautier Capuçon è acclamato per espressività, virtuosismo e per la profonda sonorità del suo violoncello «L’ambassadeur» del 1701: «Che Capuçon sia tra i più grandi violoncellisti è stato annunciato dall’appassionata proiezione del suo fantastico suono» (“The Arts Desk”). Lanciato giovanissimo dal Festival di Verbier, Capuçon è considerato oggi un vero ambasciatore del violoncello, costantemente impegnato a supportare i giovani artisti di talento: è direttore della Classe d’Excellence de Violoncelle presso la Fondation Louis Vuitton di Parigi e recentemente ha lanciato una sua fondazione filantropica per sostenere gli artisti nella delicata fase iniziale della carriera. Eccezionale musicista da camera, si è esibito a livello internazionale con molti dei più importanti direttori e strumentisti del mondo e proprio in qualità di camerista è stato ospite in altre due occasioni all’Unione Musicale, nel 2006 e nel 2008.
La passione per la musica da camera è condivisa anche dal moscovita Nikolai Lugansky, classe 1972, che si definisce «semplicemente predestinato a fare il pianista». Nato in una famiglia di scienziati, anch’egli si è imposto giovanissimo in prestigiosi concorsi come il Bach di Lipsia e il Čajkovskij di Mosca. Recentemente apprezzato dal pubblico dell’Unione Musicale sia come solista (2018) sia in duo col violinista Vadim Repin (2022), Lugansky vanta una tecnica solidissima e uno straordinario controllo del suono; la critica parla di un pianismo che sprigiona una potenza sbalorditiva ma non perde mai in purezza e in eleganza.
Sui leggii tre capolavori del primo Novecento. In apertura la Sonata per violoncello e pianoforte scritta da Debussy nel 1915 in poco più di un mese, quando il compositore era già divorato dalla malattia e toccato dall’angoscia per una guerra che si stava rivelando una carneficina. Il titolo iniziale - «Pierrot faché avec la lune» - era carico di curioso simbolismo, e si richiamava alla pittura di Watteau, ma successivamente il musicista pensò bene di abolire qualsiasi riferimento esterno e di affidarsi esclusivamente ai valori del discorso sonoro. Il violoncello gioca un ruolo da protagonista, mentre tracce di musica spagnoleggiante, i pizzicati e il ritmo di habanera si fanno largo all’interno della Sonata.
La Sonata in re minore op. 40 fu composta dal giovane Šostakovič nel 1934 su richiesta dell’amico Viktor Kubatsky, violoncellista, direttore e organizzatore di concerti, che la presentò in prima esecuzione a fianco dell’autore il 25 dicembre 1934 al Conservatorio di Leningrado. Secondo il dedicatario, l’Allegro non troppo iniziale fu il risultato di due notti d’insonnia a seguito di un litigio tra il musicista e la moglie. Il violoncello apre il dialogo su una melodia serena, quasi čajkovskiana e in seguito si rende interprete di atmosfere più aspre e tormentate.
La Sonata in sol minore op. 19, del 1901, fu composta da Rachmaninov in un periodo di grande fervore creativo subito dopo il Concerto n. 2 per pianoforte e orchestra e la Seconda suite per due pianoforti. Il compositore russo realizza un’opera affascinante ed energica in cui lo stile romantico-nostalgico, carico di pathos, tipico del compositore russo, ben si sposa con la cantabilità del violoncello. La prima esecuzione avvenne nel dicembre 1901 a Mosca, con lo stesso Rachmaninov al pianoforte e, al violoncello, Anatolij Brandukov, interprete di valore a cui è dedicata l’opera.