Se il suo amico Gianni Rodari non fosse intervenuto, probabilmente Mario Sironi sarebbe stato fucilato quel 25 aprile del 1945, quando venne catturato da una brigata partigiana. Fu proprio Rodari a firmargli il lasciapassare che gli permise di vivere.
Dalla caduta del Fascismo, però, la stella di Mario Sironi cominciò a tramontare insieme a quegli ideali civili e politici in cui credeva. Ideali che lo penalizzarono e lo vincolarono a un lento oblio.
La nipote Romana Sironi, erede universale dell’artista, dalla morte di Sironi, avvenuta nel 1961, ha portato avanti la sua eredità, con fatica e tenacia: “Sicuramente ha pagato lo scotto, ma credeva in alcuni ideali, tra cui quello del socialismo umanitario, un’equa distribuzione dei compiti e soprattutto credeva nell’importanza di parlare al popolo. Attraverso le sue opere sapeva parlare alle persone, trasmettere messaggi, anche per questo scelse a un certo punto l’arte murale. Ricordo quanto soffrì quando venne deturpata la sua opera nell’Aula Magna del Rettorato della Sapienza”.
Flashback Habitat per la prima volta ospita una mostra antologica, realizzata in collaborazione con l’Archivio Mario Sironi e la Galleria Aleandri Arte Moderna, in cui viene analizzato l’intero operato dell’artista attraverso i suoi disegni. “Abbiamo allestito 12 sale che ripercorrono in modo cronologico la carriera artistica di Sironi, ognuna di queste analizza la produzione grafica di un solo decennio” spiega il titolare della galleria.
Fondamentale per Mario Sironi il rapporto con la Fiat. “Era molto legato a Torino e soprattutto alla Fiat con cui ebbe una collaborazione ventennale. In mostra a tal proposito abbiamo alcuni dei suoi acquerelli. Purtroppo, Torino non ha mai ospitato grandi personali di Sironi, questa forse è la prima mostra dedicatagli, sebbene si tratti in realtà per lo più di disegni, sarebbe bello riuscire a organizzarne altre”.
Su questo punto si concentra anche la nipote di Sironi: “Vorrei davvero che con la Gam si organizzasse un momento dedicato a Mario Sironi, perché è stato davvero uno dei protagonisti della scena artistica del Novecento e cui Torino è molto legata”.
Amico di Giacomo Balla, ma anche Duilio Cambellotti e Giovanni Prini e soprattutto Margherita Sarfatti, non era un uomo ossequioso nei confronti del Fascismo e sin da subito fu contrario alle leggi razziali. “Era un uomo carismatico, affascinante, con profondi occhi azzurri, deciso nei modi, sempre buono con gli animali - lo ricorda con affetto Romana Sironi -. Una volta, andai a trovarlo in clinica a Milano, prima di me in attesa c’era un altro visitatore. Era monsignor Giovanni Battista Montini (futuro Papa Paolo VI, ndr). Ricordo che ci dissero che si poteva entrare uno per volta. Io chiesi ovviamente di lasciar passare il Monsignore, ma all’infermiera Sironi disse: “No, faccia passare prima lei”. Avevamo davvero un bel rapporto, sebbene fosse legatissimo anche con Montini. Non era un cattolico praticante, ma avevano un bello scambio intellettuale. Anni dopo quando incontrai il Papa, si ricordava benissimo di Mario Sironi e di me, è stata un’emozione grandissima”.
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