Laurearsi. Ma anche riuscire a fare la calciatrice, o il calciatore. Sono due dei sogni più diffusi tra le famiglie italiane che progettano per il futuro
dei propri figli. “Purtroppo resta solo un sogno se il figlio o la figlia che nasce ha
qualche forma di disabilità, soprattutto cognitiva”, spiega Mara Francese,
professoressa del Dipartimento di Lingue e Letterature Straniere e Culture Moderne
all’Università di Torino. Infatti, i giovani “fragili” non possono accedere ai corsi delle
università italiane: “Sono infatti privi dei requisiti minimi e del titolo legale necessari all’immatricolazione nei Corsi di Studio Universitari. Questi ragazzi e queste ragazze hanno un’esperienza quinquennale nella scuola secondaria superiore personalizzato con docente di sostegno, che si conclude con un attestato di frequenza e una certificazione delle competenze”.
Allo stesso modo - nonostante in Italia si possano contare 11.282 società e 58.522
squadre, per un totale di 1.035.637 tesserati e 477.29 partite ufficiali disputate
(anno 2022, fonte Lega Nazionale Dilettanti) – assistere a una partita con almeno
un giocatore o giocatrice con disabilità cognitiva non è poi così scontato.
È con questo spirito che l’Università degli Studi di Torino apre per la prima volta le
porte dell’Ateneo alla Federazione Italiana Giuoco Calcio – FIGC, la Divisione
Calcio Paralimpico Sperimentale - DCPS e la Lega Nazionale Dilettanti – LND con
la collaborazione del Comitato Regionale LND Piemonte Valle D’Aosta per una
lezione aperta che si terrà giovedì 15 febbraio, dalle 9 alle 12, presso l'auditorium di via Verdi 41, a Torino.
All’incontro – aperto anche al pubblico - saranno presenti le studentesse e gli
studenti del corso di Antropologia e Cultura dell’Inclusione del Dipartimento di
Lingue e Letterature Straniere e Culture Moderne dell’Università di Torino. Poi le
squadre special di Juventus, Torino, Terzo Tempo e Gli invincibili.
Ma cos’hanno in comune le principali realtà calcistiche italiane con l’Ateneo in
classifica tra le migliori sedi d’Italia e del mondo? La stessa visione sull’inclusione. Un tema condiviso socialmente come importante. Ci sono tante campagne di riflessione e attenzione. Ma nella pratica è ancora difficile immaginare possibilità di studio avanzato o di sport di categoria quando si è fragili.
In questo momento ci sono due progetti che si stanno muovendo nella pratica
quotidiana e che con la lezione aperta di giovedì prossimo vorrebbero arrivare a
contaminare più Atenei e associazioni sportive possibile. Si chiamano Progetto Elisabetta e Il Calcio è di tutti. È da questa comune visione di intenti che nasce
questa collaborazione eccezionale. “Progetto Elisabetta porta il nome di mia figlia. Nata con un’alterazione cromosomica, ho riscontrato parecchie difficoltà di inclusione nella scuola e ho conosciuto la ghettizzazione del “diverso”. Purtroppo i giovani come lei, con disabilità cognitiva lieve/moderata possono accedere alla scuola secondaria superiore solo se supportati da un docente di sostegno e con un piano individualizzato. Per questo non viene loro riconosciuto un percorso scolastico che si concluda con la maturità", spiega la professoressa di Ateneo Mara Francese.
Il Progetto Elisabetta, essendo un progetto di Terza Missione, apre la possibilità a
questi ragazzi e ragazze di frequentare i corsi del Dipartimento di Lingue supportati
da un tutor e di avere un colloquio esame con il docente di cui hanno seguito il
corso per essere valutati”. Un esempio nazionale al momento: “Quello che noi
facciamo con questo progetto al momento unico in Italia è di permettere
l’accesso ai corsi, e di rilasciare un attestato di frequenza e di competenze da
parte del Dipartimento di Letterature Straniere. La mia lotta è quello che presto
anche altri Dipartimenti possano adottare il “Progetto Elisabetta””.
Elisabetta Maiullari sarà presente anche lei alla lezione aperta. “Consentire
l’accesso all’Università vuol dire permettere a questi ragazzi e ragazze di
mantenere le conoscenze apprese nella scuola e di aggiungerne altre di alto
livello. Ma allo stesso modo creare inclusione e socializzazione – continua Francese
-. Chi ha una disabilità cognitiva lieve moderata non vuol dire che non riesca ad
arrivare a capire i concetti ma solo che necessita di più tempo. Non siamo tutti
uguali”.
“Il calcio è di tutti, lo dice già il nome: punta alla più ampia partecipazione
possibile al calcio di giocatori e giocatrici con diverse tipologie di disabilità
cognitive, attraverso la creazione di un contesto di gioco ufficiale, strutturato e
organizzato dalla FIGC DCPS e ora anche con la collaborazione della LND –
spiega Vicepresidente vicario LND e consigliere nazionale DCPS Christian Mossino
-. Per noi rappresenta il risultato di anni di impegno della FIGC e della DCPS su più
livelli e ora con un progetto comune con la LND. Ma non è solo questione di
giocare qualche partita. Continuiamo a essere portatori di riflessione e dibattito sul
tema dell’inclusione, attraverso varie iniziative che sono state realizzate e che la
FIGC DCPS sta sostenendo”.
Non a caso aderiranno, seduti in platea e in cattedra, i principali referenti delle
realtà calcistiche italiane. “Dobbiamo cambiare pensiero. E per farlo dobbiamo
crederci per primi noi – conclude Mossino . Crediamo fortemente nel calcio come
forma di inclusione capace di superare ogni barriera. Il progetto per il Tramite dei
Comitati Regionali LND, come sta avvenendo con il Comitato Regionale LND del
Piemonte e Valle d’Aosta con il suo Presidente Mauro Foschia, prevede di
promuovere questo progetto alle associazioni che seguono ragazze e ragazzi con
disabilità cognitive con l’intento di permettere di formare delle squadre e di farle
adottare da società dilettantistiche del territorio. In questo modo metteremo a
disposizione delle famiglie un servizio sportivo e sociale”.