Era il 23 maggio del 2021 quando Moussa Balde moriva suicida nel Centro di permanenza per il rimpatrio di corso Brunelleschi di Torino. A distanza di quattro anni dalla sua scomparsa, oggi sono stati deposti dei mazzi di fiori rossi e bianchi per ricordarlo davanti al Cpr, che ha riaperto a fine marzo.
"Carcere senza processo"
Un manifestazione simbolica promosso dalla rete torinese contro tutti i CPR. che chiarisce: "Siamo tornati nello stesso luogo che ha visto Moussa spegnersi lentamente, in solitudine, nel silenzio complice delle istituzioni. Aveva solo 23 anni".
"Era stato aggredito - proseguono - a sangue per strada, e invece di essere curato e protetto, è stato rinchiuso in isolamento. In quello che lo Stato italiano chiama centro di permanenza, ma che è – a tutti gli effetti – un carcere senza reato, senza processo, senza difesa".
Aggredito a Ventimiglia
Moussa Balde, arrivato in Italia senza documenti, era stato trasferito al Cpr di Torino dopo essere stato identificato a Ventimiglia, dove aveva subito un violento pestaggio. Dopo aver trascorso dieci giorni in isolamento nell'ospedaletto del Centro, ufficialmente per motivi sanitari, si è poi tolto la vita.
"Moussa - sottolineano dalla rete - non è una tragica eccezione. È il volto di un sistema disumano che ogni giorno rinchiude, isola, cancella vite umane solo perché prive di un permesso di soggiorno. Un sistema che si regge sulla disinformazione, sull'opacità, sulla violenza istituzionale". "Non avremo pace finché ci saranno luoghi come questi" concludono.