La leggendaria carriera di e sta ormai per terminare. Tra la Grande Guerra e l'ascesa del fascismo sente un richiamo artistico più forte di ogni rassegnazione e torna dove la sua vita ha avuto inizio: sul palcoscenico.
La recensione
Raccontare un mito artistico come è sempre una scelta complessa. Si rischia di celebrare acriticamente un'artista iconica e di renderla così uno stereotipo, tralasciando parti fondamentali della sua carriera e deludendo chi davvero ama ricordare la sua arte.
In questo film Pietro Marcello ha fatto la saggia scelta di raccontare solo l'ultima parte della vita di Eleonora Duse, partendo dal 1917 fino ad arrivare al 1923, in un periodo quando la prima guerra mondiale stava per finire e la carriera della Duse era agli ultimi battiti, e l'ombra dell'ascesa del fascismo incombeva. Di tutto questo Marcello fa una miscela ben riuscita, mostrandoci una Duse alla fine della sua vita in cattive condizioni di salute, ma che ancora combatte per poter esprimere la sua arte, in un' Italia che sta cambiando con l'avvento al potere di Mussolini, che era tanto disprezzato dal suo amante Gabriele D'annunzio, com'è noto e come mostra la pellicola.
Valeria Bruni Tedeschi ci dà un'interpretazione sensibile ed elegante, sentendo però il peso psicologico di confrontarsi con un personaggio del calibro della Duse. Molto bravo è anche Fausto Russo Alesi nel saper caratterizzare un personaggio complesso come D'Annunzio, che avevamo già visto rappresentato in altre opere cinematografiche recenti, come "Il cattivo poeta".
Pietro Marcello ci racconta una Duse al capezzale della sua vita, ma che ciò nonostante sa ancora essere una personalità che testimonia che l'unica sua vera medicina era il teatro, dandoci un grande esempio di come artisti non si diventa, ma si nasce.
Voto: 4/5