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Attualità | 31 ottobre 2025, 07:01

Dalla Siria all’Uganda: Torino apre i corridoi lavorativi per i rifugiati

Siglato il primo protocollo territoriale in Sala delle Colonne. Permette alle aziende di selezionare e formare persone provenienti da contesti difficili. Dal mondo dell’oreficeria al mondo dell’informatica sono al momento una decina gli occupati nel capoluogo

Dalla Siria all’Uganda: Torino apre i corridoi lavorativi per i rifugiati

Dalla Siria all’Uganda: Torino apre i corridoi lavorativi per i rifugiati

Loay Alakrad arriva da un paese nel sud della Siria. Quando aveva 17 anni a causa della guerra è stato trasferito nel campo profughi di Amman. Qui è rimasto per dodici anni insieme alla sua numerosa famiglia composta da 14 persone. Dopo che il padre è mancato ha sentito dentro un senso di responsabilità che lo ha portato a studiare e a formarsi. Il suo sogno era lavorare nell’ambito della gioielleria. Un settore dove il know-how siriano è molto sviluppato. Da qualche settimana è atterrato a Torino e ora entrerà nell’organico dell’azienda Mattioli

È una delle storie che sono emerse durante la firma del protocollo per l’attuazione dei Corridoi Lavorativi per i Rifugiati siglata questo pomeriggio, giovedì 30 ottobre, presso la Sala delle Colonne nel comune di Torino. Un documento sulla scia di quello stipulato a livello nazionale per favorire l’ingresso regolare e sicuro in Italia di rifugiati qualificati. 

Come Loay, provenienti dal campo profughi della Giordania e che entreranno in Mattioli, sono dieci. Cinque giunti in Italia il 7 ottobre, cinque arriveranno nelle prossime settimane. Ma non si esclude che potranno aumentare negli ultimi anni. Per questa missione il brand torinese di oreficeria ha effettuato due viaggi nei mesi scorsi all’interno del campo giordano: sono stati 60 i curriculum selezionati, tutti di alto livello, come sostiene l’azienda. 

Personale specializzato da Uganda e Colombia

Ma non solo il mondo orafo. E non solo la Siria. Dall’Uganda sarà inserito all’interno della Deda Informatica un ingegnere. Un altro rifugiato lavorerà a Torino tramite Reale Foundation, mentre in 27 dalla Colombia saranno occupati per AviaPartner, società aeroportuale che opera a Fiumicino, ma iscritta all’Unione Industriale torinese.

I protagonisti

Torino è la prima città a dotarsi di un documento territoriale di questo tipo. A siglarlo un mondo variegato di realtà: Città di Torino la Regione Piemonte, la Prefettura di Torino l’Unione Industriali Torino, l’UNHCR – Agenzia ONU per i Rifugiati, l'Arcidiocesi di Torino, la Fondazione Compagnia di San Paolo, Reale Foundation, la Fondazione Don Mario Operti, l’Agenzia Piemonte Lavoro, IRES Piemonte, Diaconia Valdese, Talent Beyond Boundaries, e Pathways International.

A livello nazionale sono 60 i rifugiati selezionati in Paesi terzi. I “corridoi lavorativi” permettono alle aziende italiane di selezionare e formare rifugiati nei Paesi di origine per poi assumerli con un visto regolare. Il modello punta a rispondere sia alle esigenze del mercato del lavoro sia a quelle di protezione dei rifugiati.

Così si prova a colmare il mismatch

Il mismatch sul territorio riguarda il settore orafo, sanitario, informatico e dei trasporti. E qui che, anche nel dramma di situazioni umanitarie complesse, si cerca di dare un’opportunità.  L’obiettivo è favorirne l’integrazione e offrire opportunità di lavoro dignitose, grazie alla collaborazione tra istituzioni, imprese e organizzazioni internazionali.

Assieme ai corridoi universitari, alle evacuazioni umanitarie e al reinsediamento, i corridoi lavorativi rappresentano un’alternativa concreta ai viaggi irregolari e pericolosi. Dal 2015, oltre 10.000 persone sono arrivate in Italia attraverso questi percorsi regolari.

"Un modello concreto di integrazione - ha definito così il protocollo la vicesindaca Michela Favaro - capace di unire solidarietà e competitività, offrendo alle persone rifugiate opportunità sicure e dignitose e alle imprese del territorio professionalità qualificate e motivate, in un’economia più giusta, inclusiva e sostenibile".

Daniele Caponnetto

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