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Eventi | 24 gennaio 2018, 16:42

A Torino l'installazione "I bambini di Teheran"

Un progetto artistico della storica e giornalista Farian Sabahi. In collaborazione con il MAO Museo d’Arte Orientale

A Torino l'installazione "I bambini di Teheran"

I Bambini di Teheran è una video installazione di circa trenta minuti, poetica, delicata e dirompente, drammaticamente veritiera nei suoi aspetti storici. Al visitatore rammenta uno dei periodi più bui dell’Europa del XX secolo, ma anche una storia di accoglienza, di quando fu l’Iran a farsi carico dei profughi polacchi, ebrei e cattolici, provenienti dall'Europa. Protagonisti del video sono quattro ebrei polacchi che all'inizio della Seconda guerra mondiale scapparono dalla Polonia invasa dai tedeschi verso la Polonia occupata dai sovietici. Da qui furono deportati nei campi di lavoro in Siberia, poi in Uzbekistan in orfanotrofi spesso gestiti da istituzioni cattoliche. Una tappa importante del loro lungo viaggio è Teheran, che il 25 agosto 1941 fu invasa dalle truppe britanniche e sovietiche, qui si fermarono oltre un anno e per questo sono chiamati i Bambini di Teheran.

A unire le vicende personali dei quattro protagonisti, consapevoli di essere scampati all'Olocausto e della fortuna di aver ritrovato le famiglie in Israele, è la voce fuori campo di un quattordicenne, che a ogni tappa di questo lungo viaggio ricorda al pubblico le vicende storiche di quel periodo.

Il cortometraggio I bambini di Teheran è stato pre-selezionato per la sezione Diritti Umani Oggi di Sguardi Altrove Film Festival che si terrà a Milano dal 12-19 marzo 2018.

Ad accogliere il pubblico al piano nobile dello storico Palazzo Mazzonis sono le lettere: quelle in ebraico, in argilla, dell’artista Gabriel Levy e quelle in caratteri latini, tessuti con un filo di lana rosso, della giovane Ivana Sfredda. 

Per entrambi gli artisti la materia non è casuale: argilla e lana sono materiali naturali, facilmente deperibili con il tempo e l'usura. Fragili come lo sono le giovani esistenze degli ebrei polacchi protagonisti del cortometraggio di Farian Sabahi. 

Significativi anche i contenuti.

Torinese-israeliano Gabriele Levy, di madre piemontese di Alessandria e di padre ebreo sefardita di Alessandria d'Egitto, ha scritto Yaldei Teheran in azzurro su fondo nero, due parole che in ebraico vogliono dire “I bambini di Teheran” a indicare il titolo dell'opera di Sabahi, un'immagine che è quella con cui si apre il cortometraggio. Attraverso il linguaggio artistico la collaborazione tra Farian Sabahi e Gabriele Levy va oltre le invettive dei politici e porta l’arte a lasciapassare delle idee. Di fatto, l'arte si conferma come una modalità di superamento delle reciproche differenze e uno strumento che avvicina le persone.

Originaria di Termoli, Ivana Sfredda studentessa dell’Accademia di Belle Arti di Torino ha delineato su una parete con un filo di lana rossa la linea del tragitto dei Bambini di Teheran dalla Polonia alla Siberia e poi in Uzbekistan, Iran, India, Yemen e Palestina. Il filo rosso prosegue all’esterno della sala, dando vita alle parole di Nathan Alterman, il poeta israeliano nato a Varsavia che scrisse versi celebri dedicati appunto a questi bambini le cui esperienze li resero maturi anzitempo. Sono quei versi a chiudere il cortometraggio, versi letti da un adolescente che è la voce narrante del video. 

Ivana Sfredda ha scelto il ricamo per diversi motivi: rappresenta quel femminile che è venuto a mancare ai bambini di Teheran, costretti ad abbandonare le loro famiglie e quindi le loro madri; è il filo che lega i diversi paesi attraversati ma è anche il simbolo della tessitura e quindi dei tappeti persiani che accolgono i profughi in terra d'Iran e nella stessa sala del Museo d'Arte Orientale. A indicare un calore e un'accoglienza che, nel loro peregrinare in terre straniere attraverso l'Europa e l'Asia, non avrà pari. 

Se le lettere di Gabriel Levy sono collocate nella parete di sinistra e saranno illuminate da un faretto, quelle di Ivana Sfredda nella parete di destra al buio, perché i Bambini di Teheran avanzano, nel loro percorso, alla cieca, senza sapere quale sarà la loro destinazione successiva. 

Il visitatore è chiamato a far parte dell’opera I bambini di Teheran: un samovar per il tè accoglie il pubblico con la consueta ospitalità del popolo persiano; come avviene d'abitudine nelle case, prima di entrare nella sala il visitatore è invitato a togliersi le scarpe e ad accomodarsi sui tappeti a gambe incrociate oppure appoggiando la schiena ai cuscini. Gesti che vogliono alludere a qualcosa di profondo e di attuale: “quando si è ospiti, è opportuno rispettare le tradizioni, gli usi e i costumi locali”. Un messaggio che – osserva Farian Sabahi - “va letto anche in chiave contemporanea”.

Colonna sonora dell’esperienza artistica è Elegy for the Arctic di Ludovico Einaudi, brano scelto dall’autrice del progetto assieme al compositore torinese.

Il video dell’installazione proposta al MAO, fino all’11 febbraio, sarà ospitato nell’auditorium del Mudec, il Museo delle Culture di Milano, nella sola giornata della memoria, martedì 13 febbraio.

In concomitanza con il Mese della Memoria, iniziativa giunta alla decima edizione e nata per ricordare le vittime dei genocidi e delle persecuzioni, vecchie e nuove, e riflettere sulle tematiche di integrazione e accoglienza anche alla luce dei più cogenti fatti di attualità, il video I Bambini Teheran sarà proiettato anche in diversi Presidi del Libro, associazione che si occupa di promozione della lettura attraverso circoli diffusi in tutta Italia, soprattutto in Puglia, in presenza dell'autrice.

c.s.

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