Fino al 24 marzo Camera – Centro italiano per la forografia ospita “Visioni Ibride”, prima antologica della statunitense Sandy Skoglund. Un percorso storico che segue l'evoluzione dell'artista, attraversando tutti i temi più caratteristici: dagli interni domestici alle apparizioni grottesche, sospese tra comicità e inquietudine.
Le immagini nascono dalla costruzione di un set molto complesso che l'artista poi fotografa, rendendo il prodotto finale una "visione ibrida", appunto tra l'intento installativo, scultoreo e fotografico. E in questo allestimento i rimandi continui sono ben visibili.
La mostra – che il curatore Germano Celant definisce l'universo di una “costruttrice di immagini”- racchiude lavori che vanno dagli esordi di Skoglund negli anni Settanta all'opera inedita - presentata qui per la prima volta - "Winter", alla quale l'artista ha lavorato oltre dieci anni.
"È il culmine di molti procedimenti digitali - spiega -; i fiocchi di neve al centro della scena sono tagliati digitalmente nel metallo e ho imparato a scolpire al computer per creare i file utilizzati per modellare i gufi e la figura. Sono partita ponendomi delle domande: chi sono, cosa faccio, dove sto andando e perché? Tutto è nato da una sensazione. È stata una grande sfida, perché i fiocchi di neve non sono ciò che sembrano banalmente, bisogna innanzitutto capire come sono formati, le loro sei dimensioni. Ho studiato così i processi che li legano l'uno all'altro".
"Fin dall'inizio - prosegue - ho cercato attraverso i fiocchi di affrontare il tema della somiglianza e della differenza. Winter rappresenta uno studio sulla persistenza e la perseveranza".
Così Walter Guadagnini, direttore di Camera: “Una mostra importante, che permette di racchiudere una lunga storia artistica. Per quelli della mia generazione Sandy ha davvero rivelato un modo nuovo di approcciarsi alla fotografia, partendo dalla realtà per inventare qualcosa di diverso, esprimeno sempre mondi complessi, in osmosi tra di loro. Tutte le sue visioni sono di fatto una proiezione della sua memoria filtrata attraverso la macchina fotografica”.