L’occasione era di quelle solenni, da non lasciar passare così, sotto silenzio e, per fortuna, non è stata lasciata in un angolo.
Capitan Valentino, al secolo Valentino Mazzola da Cassano d’Adda, avrebbe compiuto cento anni, il 26 gennaio, se non si fosse messa di mezzo la tragedia di Superga, a privarci di lui e dei suoi compagni, o forse a consegnarli tutti quanti, in un sol colpo, alla Leggenda, Immortali nella memoria collettiva dell’umanità e nel cuore di tutti noi granata.
Per celebrare degnamente questa ricorrenza, il presidente del Torino FC, Urbano Cairo, ha organizzato una giornata memorabile, al Filadelfia.
Raduno di vecchie glorie della storia granata e triangolare tra le formazioni 2008 di Torino, Venezia (squadra da cui Novo acquistò Mazzola e Loik con uno storico e tempestivo blitz da un milione e duecentomila lire, cifra record per l’epoca) e Inter (squadra che probabilmente sarebbe stata nel futuro del Capitano e che lo è poi stata in quello del figlio maggiore Sandro, che con la maglia nerazzurra ha conquistato fior di trofei).
Insomma, un evento di quelli che fanno bene al cuore, specie a quello granata, così sensibile alla Memoria e attento al suo rispetto.
Bravo Cairo, lo dico con assoluta sincerità e senza piaggeria alcuna, ben lo sa lui e tutti quelli che mi conoscono e sanno che nel passato, ma anche nel presente, non gli ho risparmiato severe critiche per la sua poca attenzione a questi aspetti del nostro vivere la maglia e la bandiera.
Come avrebbe detto Nanni Moretti, con questa manifestazione Cairo ha fatto “qualcosa di granata”.
Se si tratta di una apertura netta e marcata verso un nuovo corso di maggior granatismo o se resterà un episodio isolato, ce lo dirà solo il futuro, ma io sono abituato a vedere il bicchiere sempre mezzo pieno e quindi voglio fare credito al socio unico del Torino FC s.p.A. di aver iniziato un lungo ma irreversibile “percorso di crescita”, che lo porterà a diventare, finalmente, il Presidente del Toro.
Differenza sottile, ma nemmeno troppo. Se la prima figura ha il dovere di prestare massima attenzione agli aspetti finanziari della gestione, cosa che peraltro Cairo ha dimostrato di saper fare benissimo, dopo gli svarioni dei primi anni, la seconda figura, quella che tutti quanti speriamo Cairo arrivi ad incarnare quanto prima, pur mantenendo viva l’attenzione sulla correttezza del bilancio economico, ha anche la capacità di slanci sentimentali, di investimenti sul futuro che vanno al di la del semplice Robaldo (a proposito, a che punto stiamo?) e prevedono di andare nelle scuole ad insegnare che “vincere non è importante, è la sola cosa che conta” come sostenuto dai nostri cugini di campagna, è un teorema barbaro che nulla ha a che fare con lo sport e con il rispetto delle regole e dell’avversario e che applicato nella vita di tutti i giorni può solo portare alla sopraffazione ed alla dittatura.
Noi siamo diversi, per fortuna. Rispettiamo le regole e le sentenze della magistratura, sportiva e civile, anche quando sono palesemente ingiuste. Ricorriamo, se possibile. ma non ci auto attribuiamo titoli, non aggiriamo sentenze o sanzioni.
Tutto bello, tutto perfetto, in questa bella giornata? Ebbene no.
In un impianto con una capienza di quattromila posti, in una giornata storica, con accesso libero e completamente gratuito, vedere ampi spazi vuoti sugli spalti, fa male al cuore e costringe a porci degli interrogativi angosciosi.
Ma il Vecchio Cuore Granata esiste ancora?
L’impressione di un imborghesimento di una tifoseria da sempre tra le più combattive ed appassionate del mondo, è palese, di fronte a certi spettacoli. Cosa pretendevano, gli assenti? Che li si mandasse a prendere a casa con Limousine e autista in livrea?
Quando vedi che il figlio di Giagnoni si è mosso da Mantova, quello di Ballarin da Chioggia, il nipote di Bacigalupo da Vado e anche Umberto Motto, storico capitano dei ragazzi granata del post Superga, ha trascinato sulle stampelle i suoi novant’anni pur di non mancare, chiedersi che scusa avessero gli assenti, specialmente quelli che vivono a Torino e dintorni, per non esserci, è d’obbligo.
Inutile chiedere a Cairo di fare “qualcosa di granata” se poi a mancare, quando lo fa, sono proprio quelli che a parole hanno il granata nel cuore, ma nei fatti molto meno.