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Attualità | 02 novembre 2019, 19:42

Commercianti di Torino, levata di scudi contro carte e bancomat: "Ci costano troppo"

Secondo l'indagine Ascom quasi 9 negozi su 10 hanno ormai un Pos, ma 6 su 10 sostengono che non sia vantaggioso incassare tramite l'uso di bancomat e carte a causa di canoni e spese

Commercianti di Torino, levata di scudi contro carte e bancomat: "Ci costano troppo"

La lotta all'uso del contante, vista dalla parte di chi sta dietro a un bancone, è fumo negli occhi. Nel mirino, soprattutto, i costi di gestione dei cosiddetti Pos per i commercianti. Uno strumento per bancomat e carte di credito che è in possesso di 9 imprese su 10 (anche se l'obbligo è scattato da due anni e tra pochi mesi arriverà la sanzione). E di queste, il 61% (due su tre) sostiene che non è vantaggioso accettarle. In maniera trasversale, tra tutti i settori e dimensioni. Un risultato quasi bulgaro, quello che restituisce l'indagine di Ascom Torino e provincia.

Non solo. Secondo 88 commercianti torinesi su 100 non è tassando il contante, magari sui prelievi allo sportello, che si può disincentivare l'uso di banconote e monete. Piuttosto bisogna ridurre le commissioni sui pagamenti (lo dice il 92%, fino all'eliminazione in caso di micro pagamenti, 90%, ovvero fino a 30 euro). Bocciate anche le sanzioni verso gli esercenti che non accettano le commissioni con carta.

Ma quanti sono questi costi? Si parla, in concreto, di una fetta dal 2 al 4% dell'importo pagato, ma con punte che arrivano fino all'8%. Più un canone annuale che oscilla sui 600 euro all'anno che le banche richiedono per ogni Pos, cui si aggiungono i canoni sulle transazioni e i costi una tantum di installazione (circa 50-100 euro). Una somma che rivela un totale difficile da quantificare con esattezza, ma che aiuta a capire perché, a Torino, è una vera levata di scudi quella che i commercianti oppongono alle indicazioni del governo che vogliono "abbattere" l'uso del contante rispetto ai pagamenti elettronici.

"Ecco perché serve una decisione politica per diminuire i costi bancari a monte - spiega Carlo Alberto Carpignano, direttore di Ascom Confcommercio -. Oppure puntare sull'innovazione, come si vedono in tante start up (come Satispay e simili, ndr) oppure nuove formule bancarie che prevedono pos senza necessità di conto corrente e dunque di canone, magari utilizzando lo smartphone". "Altrimenti - conclude - si rischia di fare percepire i costi del contante come molto più opprimente rispetto ai benefici come la sicurezza rispetto alla gestione del contante o la comodità".

Un impatto che arriva su un settore in cui il terziario (nei primi sei mesi del 2019) ha visto la scomparsa di 2094 imprese in provincia di Torino. E dove il commercio, da solo, ha dovuto dare l'addio a 1274 attività, visto che se ne sono iscritte 1600 e hanno chiuso i battenti in 2874. E i dati torinesi sono peggiori della media nazionale in tutto l'ultimo decennio.

Freccia in basso anche per la fiducia, soprattutto nel terzo trimestre. E anche sul prossimo trimestre le attese non promettono nulla di buono. Il "colpevole"? Tutti gli indizi portano al calo dei consumi, dunque una contrazione dei ricavi da parte delle imprese del commercio. Un trend che ormai dalla metà del 2018 punta verso il basso, nel commercio torinese. Sembra tenere l'occupazione, anche a seguito delle ultime leggi sul mondo del lavoro che hanno stabilizzato le forme di impiego, più che aumentare le ore.

Una reazione che i commercianti hanno messo in atto è la diminuzione dei prezzi, mossa che ha portato a un miglioramento dei tempi di pagamento della clientela, ma che potrebbe portare a un inizio di deflazione.

Massimiliano Sciullo

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