Trent’anni di carcere, non un giorno di meno. È la richiesta avanzata stamattina dal procuratore generale Giancarlo Avenati Bassi dinanzi la Corte d’assise d’appello di Torino, al processo che vede imputato Said Mechaquat, condannato in primo grado a 30 anni di carcere per l’assassinio di Stefano Leo, il ragazzo ucciso con una coltellata alla gola nel febbraio 2019 mentre a piedi percorreva i Murazzi.
Le parole dell'assassino al momento dell'arresto
“L’ho ucciso perché era felice”, aveva detto il killer, dopo essersi costituito ai carabinieri. Nel luglio 2020 il tribunale di Torino aveva inflitto al 30enne la pena massima prevista in abbreviato. Stamattina il legale difensore di Said, Basilio Foti, ha chiesto una perizia che - a suo parere - proverebbe come l’autore dell’omicidio soffra di problemi psichici.
Foti: "Sicuro che in appello la pena sarà ridotta"
Al termine del processo di primo grado, lo stesso Foti aveva dichiarato: “Non abbiamo vinto e certamente pensavo in qualcosa di meglio, ma sono sicuro che in appello la pena sarà ridotta".