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Cultura e spettacoli | 15 maggio 2022, 10:37

Rhabdomantic orchestra: "La musica è il riassunto dell'identità culturale di chi la crea"

"Torino gioca un ruolo non marginale nella musica che facciamo. Musicalmente è una città stimolante anche se difficile"

Rhabdomantic orchestra: "La musica è il riassunto dell'identità culturale di chi la crea"

La Rhabdomantic Orchestra, un collettivo che ha visto mappare al suo interno una trentina di artisti, nasce nel 2014 da un’idea di Manuel Volpe. Il compositore marchigiano ha iniziato a studiare musica all’età di 11 anni appassionandosi sin da subito al jazz e alle musiche del mondo. Con la Rhabdomantic Orchestra ha realizzato l’album Albore e da poco è uscito Almagre, un album frutto dell’incontro con la musicista e cantante colombiana Maria Mallol Moya. Almagre è ambientato in un Mediterraneo immaginario, crocevia di incontri e scontri tra culture, rosso come il sangue di cui continua a tingersi. Almagre è un album viscerale, spirituale eppure politico che segna un cambio di rotta dal senso di purificazione del precedente lavoro verso una continua tensione al sublime.

Qual è la storia del collettivo Rhabdomantic Orchestra, come si è formato?

Rhabdomantic Orchestra è la naturale evoluzione di un percorso iniziato con il primo album a mio nome del 2013. Nonostante il progetto fosse inizialmente di matrice più cantautorale, vedeva coinvolti numerosi musicisti provenienti dalle più diverse esperienze musicali. L'idea di un collettivo aperto di persone con le quali scoprire, riscoprire e sperimentare i miei brani mi ha poi stimolato a tal punto da decidere di dedicarmi completamente a questo progetto incarnandolo totalmente. Ad oggi credo che siano passati all'interno di Rhabdomantic Orchestra almeno una 40ina tra musicisti e musiciste.

Nella vostra musica si sente la vostra voglia di raccontare il mondo, come è possibile farlo con la musica?

Ogni esperienza mediata dai sensi è capace di evocare il ricordo o l'immaginazione procurata da altri sensi. Così come da un profumo possiamo risalire ad un luogo, allo stesso modo da un suono. Questo perché la musica prima di essere un prodotto di consumo, è il risultato e il riassunto dell'identità culturale di chi la crea. Utilizzando questi ingredienti, per sinestesia, è possibile raccontare il mondo, vero o immaginario che sia.

Almagre vede la vostra collaborazione con la cantante colombiana Maria Mallol Moya, come è nato il sodalizio musicale?

Con Maria ci conoscevamo da diversi anni. Avevo apprezzato molto i suoi progetti come “Natura Morta”, “Gianni Giublena Rosacroce”, “Lame”, mi incuriosiva la sua capacità mimetica di spaziare da un genere ad un altro sempre mantenendo intatta la sua personalità artistica. Dal momento in cui abbiamo iniziato a lavorare insieme Maria è stata capace di farsi bussola del viaggio che avevo in mente.

Definite il disco Almagre un romanzo ispirato al surrealismo magico sudmaericano e in generale all’estetica surrealista, come si traduce questo in note?

Non credo sia possibile indicare una formula. Se pensiamo alla lettura di un libro, la visione di un film o di un dipinto, il piacere non risiede soltanto nella forma o nel medium scelto. Come dicevo la nostra mente completa quell'esperienza con gli elementi che le forme, colori e suoni evocano. Così mi viene da dire che Almagre è ispirato al realismo magico sudamericano perché quello era l'immaginario che guidava la scrittura del disco. Se anche l'ascoltatore lo percepirà allora avrò colto nel segno, altrimenti sarà soltanto una frase a effetto.

L’ultimo lavoro arriva dopo sei anni da quello precedente Albore, il quale alludeva al bianco mentre questo richiama il colore rosso. La differenza cromatica rappresenta anche quali altre differenze?

C'è un filo conduttore cromatico che percorre i tre album che ho realizzato: il primo evocava il nero, il secondo il bianco e quest'ultimo il rosso. Oltre al rimando ai colori delle tre fasi alchemiche la scelta del colore rosso per “Almagre” rappresenta al meglio la natura di questo lavoro che si fonda sui continui contrasti di elementi, generi e sensazioni. Un scontro che a volte può essere violento, altre volte unione vitale, guerra e amore, il sangue, la vita. Tutti sensi che il colore rosso porta con sé.

La vostra Torino musicale e non.

Torino gioca un ruolo non marginale nella musica che facciamo. Da marchigiano trapiantato da 12 anni in questa città è stato impossibile non subirne il fascino magico e misterioso. Musicalmente è una città stimolante anche se difficile. Ci sono molte band e artisti che apprezziamo così come realtà virtuose capaci di mettersi in gioco in prima persona e senza alcun supporto pur di dare vitalità all'offerta culturale.

Live in programma, appuntamenti?

A Luglio ci sarà qualche concerto, a breve comunicheremo le date.

Federica Monello

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