Un aquilone con i colori dell'arcobaleno, che vola verso l'alto lasciando dietro di sé alcune code di celluloide e pellicola. Si presenta così il nuovo logo del Lovers Film Festival, il più antico festival italiano sui temi LGBTQI+ (lesbici, gay, bisessuali, trans, queer e intersessuali) diretto da Vladimir Luxuria e fondato da Giovanni Minerba e Ottavio Mai.
L’edizione di quest’anno (che si terrà dal 18 al 23 aprile presso il Cinema Massimo, la multisala del Museo Nazionale del Cinema di Torino) può contare sui disegni e le matite di Vauro Senesi, vignettista e fumettista più noto come Vauro.
“Siamo molto contenti che Vladimir Luxuria abbia accettato di continuare a dirigere il Lovers Film Festival – sottolineano Enzo Ghigo e Domenico De Gaetano, rispettivamente presidente e direttore del Museo Nazionale del Cinema -. Facciamo a lei e a tutto lo staff del Lovers Film Festival i nostri migliori auguri di buon lavoro, sicuri che anche quest’anno si confermerà uno dei più importanti appuntamenti cinematografici a livello europeo, particolarmente radicato nella comunità di riferimento”.
Quanto al simbolo scelto per accompagnare l'edizione che apre il triennio verso i 40 anni del Festival, “Stiamo vivendo un periodo di immobilismo rispetto ai diritti della comunità LGBTQI+. Come se tutti fossimo attaccati a una fune. L’immagine che ha pensato per noi Vauro e che ci ha donato porta invece con sé una speranza: che un giorno la fune si possa spezzare e che finalmente le nostre vite e la nostra dignità possano prendere il volo. Noi, con il cinema, cerchiamo di volare e di far volare il nostro pubblico con la fantasia ma speriamo anche che a questa nostra battaglia culturale possa seguire presto una battaglia politica: confido che potremo non solo festeggiare presto il quarantennale del festival ma anche il raggiungimento di nuovi traguardi sociali con la conquista di nuovi diritti”, commenta la direttrice Vladimir Luxuria.
“Dicono. Dicono che l'aquilone sia simbolo di libertà. Vola, volteggia nel vento. Ma. Ma è legato ad un filo. Quel filo può essere duro come il pregiudizio, può essere resistente quanto l'odio, freddo come l'insofferenza. Quel filo può essere una catena. Libertà è che la catena, il filo si spezzi. È il vento la libertà, non l'aquilone, pur con tutti i suoi nastri e colori. Il vento non ha colore ma soffia o sussurra dove vuole. Il vento può liberare l'aquilone se il filo si rompe”, afferma Vauro.