A quarant’anni di distanza da una prima monografica del 1986, il Museo della Montagna dedica una nuova mostra, aperta fino al 19 ottobre, a Guido Rey, figura poliedrica al crocevia tra alpinismo, fotografia e letteratura.
Il progetto nasce da un accurato lavoro di riordino del complesso di fondi Guido Rey ‒ conservato dal Centro Documentazione Museomontagna e catalogato nel 2024 grazie al sostegno della Regione Piemonte ‒ e da nuove ricerche e considerazioni su questa figura fondamentale per la cultura della montagna, tanto da essere l’alpinista italiano più amato e tradotto prima di Walter Bonatti.
Un nuovo sguardo ha consentito di restituire un ritratto “a tutto tondo” di un personaggio che merita di essere considerato nella ricchezza delle sue espressioni, valorizzando sia il suo legame con la cultura piemontese sia con quella internazionale.
Il titolo della mostra, curata da Mattia Gargano e Veronica Lisino, richiama la definizione di Rey come amateur, termine che tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo indicava chi si dedicava a un’attività per puro passatempo. L’essere un dilettante gli ha consentito la libertà espressiva per muoversi con naturalezza tra disegno, scrittura e fotografia, linguaggi diversi impiegati come filtri per prendere le distanze dalla realtà e proiettarsi in un “mondo altro”: sia l’esperienza della montagna sia l’intimità delle scene familiari ritratte nelle sue fotografie pittorialiste costituiscono per Rey un rifugio dalla vita cittadina.