Credo si sia unanimemente concordi nel dire che è facile lodare un vincitore e criticare uno sconfitto. La gente ama chi si copre di gloria e tende a star lontana di chi è colpito dalla sfortuna, nell’inconscio timore, forse, di esserne lambito e contagiato. Da buon bastian contrario, quale i più mi accusano di essere, senza che io mi opponga all’accusa, riconoscendole un fondo, e pure qualcosa di più, di verità, invece oggi mi voglio dilettare nel tessere le lodi di uno sconfitto, di cui da più parti si chiede la testa, quale capro espiatorio di colpe solo in parte sue.
Il soggetto che oggi si beerà della mia approvazione, ammesso che gliene possa fregare qualcosa, è l’allenatore del Torino, Sinisa Mihaijlovic.
Dopo l’inatteso e anche abbastanza casuale e quindi immeritato successo della scorsa giornata, a Roma contro la Lazio, il calendario proponeva l’incontro casalingo col Napoli. Squadra dal bel gioco arioso, ricco di goal e fantasia. Ma mi permetto di dire, anche squadra tanto brava a maramaldeggiare su avversari di livello inferiore, quanto incapace a cogliere il risultato contro avversari di rango, nelle partite che veramente contano. Lo ha dimostrato la sua recente esclusione dalla Champions dopo la fase a gironi e la sconfitta interna con la Juventus, nella partita chiave, che avrebbe potuto far allungare il passo agli azzurri e dare una dura botta alle ambizioni bianconere. Invece, con una prova cinica e sparagnina, i campioni in carica hanno trafitto i partenopei e portato a casa tre punti che hanno frenato la corsa del Napoli e rilanciato le proprie ambizioni tricolori.
Alla fine del primo tempo, il gabellino riportava un impietoso tre a zero per gli ospiti, che avrebbero pure potuto sotterrare i granata sotto un passivo ancora più pesante. Per recente passato, il Torino avrebbe fatto dei cambi senza stravolgere l’impianto di gioco, difendendo il passivo per evitare figure peggiori, quasi uno zero a tre fosse punteggio di cui andar fieri. Non oggi. Oggi, a rischio di peggiorare la situazione, Mihaijlovic se l’è giocata ed ha avuto ragione. Ha inserito un attaccante in più, sbilanciando l’assetto in avanti e offrendosi alle ripartenze avversarie, ma non ha accettato supino un risultato troppo penalizzante per il morale. Per la carità, non c’è stata la storica “remuntada” ma dopo essere uscito a testa china, alla fine dei primi quarantacinque minuti, i granata son rientrati in campo più convinti e decisi e hanno portato a casa una serie di positività. Intanto il Gallo s’è sbloccato, dopo un digiuno troppo lungo per uno che ha ambizioni di bomber di razza come lui. Mancava dal goal da troppo tempo, e l’aver depositato il pallone nel sacco gli ha fatto un gran bene. L’infortunio prima e la sconfitta con la Svezia, con conseguente doloroso odio ai mondiali russi, avevano mandato il morale di Andrea sotto i tacchi. Un pizzico di autostima in più, non può che essere positivo carburante per spingerlo a far meglio. Lo stesso si dica di tutti i suoi compagni di squadra, che seppur sconfitti, non escono dal campo demoralizzati come lo scorso anno dopo la “manita” anzi, la manata, ricevuta dai partenopei. Lo stesso Ljajic, che era stato fuori per motivi disciplinari, ha avuto modo di rientrare in campo e pur senza convincere, ha riaperto uno spiraglio al dialogo col suo mister, in una situazione complicata.
Come diceva una canzone, tanti anni fa, “…bisogna saper perdere…” e a quanto pare lo abbiamo imparato. Adesso l’importante è non prenderci l’abitudine. Il Toro che piace a noi, è quello che sa soffrire e attraverso sangue, sudore e lacrime, arrivare alla vittoria.














