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Attualità | 23 luglio 2021, 09:00

Mabel non vuole più uscire di casa: Asai a tu per tu con una storia di ritiro sociale

Gli educatori: "Abbiamo la sensazione che la sofferenza degli adolescenti in questo periodo sia stata spesso sottovalutata e sottaciuta"

Mabel non vuole più uscire di casa: Asai a tu per tu con una storia di ritiro sociale

Il racconto dell'associazione interculturale Asai prosegue con le parole di Riccardo D'Agostino, educatore. Protagonista è Mabel, ragazza tredicenne di origini peruviane. Nei mesi della pandemia si è progressivamente chiusa nel suo mondo interiore, tagliando i ponti con le persone intorno a sé, non andando più a scuola, non uscendo più di casa. Non è un caso che il suo “ritiro” sia coinciso con questo lungo anno caratterizzato dalla pandemia, dalla conseguente diminuzione delle occasioni di relazioni sociali, dalle varie chiusure delle scuole per tutti gli studenti, in particolare per quelli oltre la prima media.

Luiz è un educatore dell’ASAI e conosce Mabel da diversi anni, da quando, in quarta elementare, lei ha iniziato a frequentare l’associazione. Attualmente è in terza media presso una scuola del quartiere. “È una ragazza che parla poco e ha pochi amici, sia in ASAI che a scuola, che sono gli ambienti che frequenta abitualmente” racconta Luiz. “Una cosa molto particolare di lei è che ha una bellissima calligrafia. Scrive molto bene, è curata e precisa in quello che fa. Poi ha uno sguardo sensibile e profondo sul mondo. All’audizione che abbiamo fatto con tutti i ragazzi delle medie di ASAI per conoscere le loro passioni e propensioni, Mabel ha portato degli scatti fotografici da lei realizzati che esprimevano originalità e sensibilità”. Al tempo stesso è una ragazza che necessita di spazi e momenti dedicati alla socializzazione. “Fin da quando è piccola abbiamo sempre cercato di coinvolgerla in esperienze di relazione con i coetanei, tra doposcuola, gite, soggiorni e attività estive, per aiutarla ad acquisire strumenti per stare con gli altri”.

In questo periodo Luiz ha incontrato più volte la mamma che gli ha raccontato della paura della ragazza a uscire di casa. Dopo  lunghe settimane di scuola chiusa, Mabel ha cominciato a diradare la sua presenza alle lezioni online, attribuendo la causa a difficoltà di strumenti tecnici e connessione, fino a disertarle del tutto. 

“Nei mesi di novembre e dicembre, lei non voleva fare i compiti a distanza con la volontaria del doposcuola, dicendo che si sarebbe affidata all’aiuto della sorella. Abbiamo provato a convincerla a partecipare alle attività di socializzazione presenti in ASAI, ma è venuta una sola volta. Da quei giorni, la situazione è andata aggravandosi progressivamente. Mabel ha poco per volta chiuso i rapporti non solo con gli educatori dell’ASAI, ma anche con la scuola, le amiche e con la società in genere”.

Infatti, quando a gennaio è stato possibile rientrare in classe, Mabel ha espresso un rifiuto categorico a riprendere le lezioni. “La sua classe è molto complessa” sostiene Luiz. “La conosco bene perché vi ho lavorato fino all’anno scorso come educatore del progetto Provaci Ancora Sam. All’interno del gruppo interagiscono diverse fragilità che si esprimono in vari modi, da quello timido e introverso di Mabel e di alcuni suoi compagni, a quello aggressivo, provocatorio e derisorio di ragazze e ragazzi, rivolto a coloro che appaiono più vulnerabili”. “Stare a casa le evita una quotidianità difficile, fatta di prese in giro e provocazioni, ma anche della necessità di vincere la sua timidezza per esprimersi, rispondendo alle richieste degli adulti”. Così ha deciso di sottrarsi allo stress provocato dalle relazioni. Rimanere a casa per lungo tempo è come se le avesse fatto perdere all’improvviso l’esercizio del dialogo con gli altri, quello sforzo quotidiano dell’interazione con i pari e con gli adulti, assecondando la sua timidezza, la sua chiusura. 

Infatti si rifiuta di frequentare anche il doposcuola dell’ASAI e addirittura non se la sente di uscire di casa neanche per andare dal medico di base, tanto che la mamma è costretta a portarla in taxi. Si era convinta un pomeriggio a venire in ASAI insieme alla madre, ma, arrivata nei pressi del Centro aggregativo, è scappata indietro verso casa, rifugiandosi in bagno. È arrivata al punto che non vuole neanche parlare con la sorella più grande, che abita con lei, né tantomeno al telefono con la nonna, a cui è molto legata, che vive in Perù.

Purtroppo, quest’anno, gli educatori dell’ASAI, così come quelli di altri enti che realizzavano interventi nella scuola, non hanno potuto mettere piede all’interno dell’istituto, interrompendo il sistema di alleanze, comunicazioni e confronti tra scuola, territorio e famiglie, che andava a costituire la cosiddetta “comunità educante”. La scelta della scuola, dettata da esigenze di carattere sanitario legate alla pandemia, ha impoverito la rete di persone e opportunità che sosteneva e accompagnava gruppi classe e singoli, i cui benefici ricadevano sui ragazzi, ma anche sugli stessi insegnanti, che hanno bisogno di strumenti articolati per rispondere ai problemi complessi di questo periodo.

La sensazione è che gli insegnanti abbiano sottovalutato la sua condizione psicologica, preoccupandosi maggiormente del fatto che lei perdesse ore e dunque restasse indietro. Tanto che, verificata la sua volontà di non rientrare in classe, avevano predisposto un progetto individualizzato che prevedeva lezioni on-line, realizzate appositamente per lei. Ovviamente questo intervento non è andato in porto perché, con il passare dei giorni, è emerso tutto il disagio della ragazza, arrivato ai confini della depressione. Anche i genitori, pur sensibili e attenti, non si sono accorti immediatamente dell’escalation della situazione, anche perché impegnati entrambi tutto il giorno al lavoro. 

A fronte della solitudine di Mabel e nonostante l'inesistenza di rapporti "formali" con la scuola, Luiz ritiene importante riallacciare i fili tra gli adulti che, oltre alla famiglia, hanno la responsabilità di occuparsi della situazione. Si mette pertanto in contatto con il Servizio Sociale e con la psicologa che opera a scuola e che Mabel aveva incontrato, on-line, ancora a inizio febbraio. Insieme organizzano un incontro per scambiarsi informazioni e concordare possibili strategie. 

L'esito dell'incontro non è proprio confortante, tra mancanze nella comunicazione, deficit di strumenti e risorse, semplificazioni e rigidità dei ruoli. Nonostante tutto si sta tentando di ricomporre i pezzi intorno a Mabel, per poter sostenerla al meglio. 

Cosa possiamo imparare da questa situazione e dalle tante simili che incontriamo in questo periodo, per farci trovare d'ora in avanti tutti più preparati?

Innanzitutto a prestare più attenzione e ascolto a bambini e adolescenti e non solo. La fragilità è parte della condizione umana e caratterizza in particolar modo l'età delicata dell'adolescenza. Abbiamo la sensazione che la sofferenza degli adolescenti in questo periodo sia stata spesso sottovalutata e sottaciuta, con il rischio di accorgersene quando ormai è troppo tardi. Basta dare un'occhiata a ricerche e articoli giornalistici di questi giorni per verificare il drammatico aumento di casi di depressione, ritiro sociale, suicidio tra preadolescenti e adolescenti.

In secondo luogo  che occorre tornare a riflettere e insistere sul ruolo preventivo che possono e devono esercitare scuole e spazi di aggregazione giovanile (associazioni, centri sportivi, oratori...). Prevenire significa pensare quei luoghi come spazi di relazione con e tra adolescenti. Laddove si instaurano relazioni di riconoscimento e ascolto reciproco è più facile intercettare sintomi di malessere psicologico e sociale. 

Infine, non possiamo cedere di un millimetro nella costruzione e manutenzione di reti e alleanze tra soggetti e enti che si occupano di giovani. La mancanza di comunicazione e scambi genera varchi in cui perdiamo anche quei ragazzi che potremmo "salvare".

Ci alziamo dal tavolino dopo aver parlato a lungo. Il sole si è nascosto dietro i rami di un albero e l'ultimo sorso di caffè è ormai freddo. Attraversiamo il Valentino per tornare in Asai, con la speranza unanime di rivedere Mabel correre su questi prati, come quando Luiz l'ha conosciuta da bambina.

Redazione

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