Non si arresta la drammatica sequenza di violenze e aggressioni nei confronti del personale di Polizia Penitenziaria all’interno della Casa Circondariale “Lorusso e Cutugno” di Torino. Con l’ultimo grave episodio verificatosi lo scorso 3 ottobre, salgono a 25 le aggressioni registrate nel corso del 2025, con 36 agenti rimasti feriti dall’inizio dell’anno.
L’ultimo fatto si è verificato nel Padiglione C, dove tre agenti sono stati brutalmente aggrediti da un detenuto italiano. Gli operatori erano intervenuti d’urgenza per prestare soccorso a un detenuto che aveva tentato il suicidio, salvato in extremis dal compagno di cella. Proprio l’autore del gesto, in forte stato di agitazione, ha improvvisamente colpito il personale intervenuto senza alcun apparente motivo.
Dopo insulti e minacce, l’uomo ha sferrato una violenta testata contro un agente, colpendolo all'arcata sopracilliare destra per poi aggredire altri due poliziotti penitenziari accorsi in aiuto. I tre sono stati trasportati d’urgenza all’Ospedale Maria Vittoria e dimessi con prognosi di 5 e 3 giorni s.c.
“Nel carcere di Torino confusione e violenza la fanno oramai da padrone assolute – dichiara Leo Beneduci, segretario generale dell’OSAPP – i detenuti fanno ciò che vogliono, in particolare nel Padiglione B, dove al terzo piano le celle restano sistematicamente aperte anziché essere chiuse, come previsto dal regolamento. Una condizione analoga si registra anche al Padiglione D dello stesso carcere
Di fatto, i detenuti si muovono liberamente, senza alcun controllo, in un clima di totale impunità. Direzione e Provveditorato Regionale restano inerti e assenti. A farne le spese, come sempre, è il personale di Polizia Penitenziaria, lasciato solo ad affrontare una situazione ormai fuori controllo.”
L’OSAPP rinnova con urgenza l’appello al Ministro della Giustizia Carlo Nordio e al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (Dap) affinché intervengano con misure immediate e concrete per ristabilire ordine, sicurezza e legalità all’interno dell’istituto torinese come sul restante territorio nazionale.
"Non va infatti sottaciuto - conclude il leader del sindacato - come l’attuale e persistente disfunzione non solo pregiudica gravemente l’incolumità fisica e psicologica degli agenti, ma anche mina alle fondamenta i principi di legalità, sicurezza e rispetto delle istituzioni su cui si fonda l’intero sistema penitenziario italiano e che dovrebbero consentire il pieno e produttivo reinserimento sociale di chi sconta una pena detentiva, come, invece, risulta accadere in maniera sempre più rara".
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