Beati i popoli che non hanno bisogno di eroi.
La storica frase pronunciata da Bartolo Brecht si attaglia perfettamente alla situazione granata e non solo di oggi, anche se negli ultimi anni la carenza è diventata cronica.
Ma ancor più beati quei popoli che, nel momento del bisogno, sentono i loro condottieri chiamare a raccolta uomini ed energie, citando gli eroi della propria storia, non di quella del nemico.
Così purtroppo è successo nella settimana che ha preceduto la gara interna col Cagliari, in cui Mazzarri doveva dare stimoli e coraggio ai suoi demotivati giovanotti, reduci da una serie di risultati più consoni ad una candidata alla retrocessione, che ad una squadra con ambizioni di Europa o, alla peggio, di stare nella parte sinistra della classifica.
E così, quando si è trattato di trovare una fulgida figura di intrepido atleta, uso a lanciare il cuore oltre l'ostacolo nel momento del massimo bisogno, il nostro non ha trovato di meglio che citare Giorgio Chiellini.
Tanto di cappello al difensore bianconero, che dell’animus pugnandì ha sempre fatto un marchio di fabbrica, un vessillo di cui andare fiero: ma quel vessillo, non è il nostro!
Una squadra come il Toro, che nella sua storia ha visto onorare la sua casacca sanguigna da mastini del calibro di Bachmann, Sperone, Ballarin, Rigamonti, Bearzot e, in tempi più recenti, Cereser, Fossati, Ferrini, Ferri, Bruno, Policano ed Annoni, non merita di essere chiamata alla riscossa dal suo mister, citando, a sproposito, una figura estranea alla sua storia.
Ma dato che anche i lapsus più freudiani hanno il loro perché, pure questo scivolone non si può considerare casuale, bensì figlio di una degranatizzazione sempre più marcata, sempre più tollerata e spero non sempre più incoraggiata.
Una degranatizzazione che nasce dell'ignoranza, nel senso letterale del termine, ovvero mancanza di conoscenza, della storia leggendaria di una compagine che ha scritto, con il sangue, le lacrime ed il sudore dei suoi uomini migliori, le pagine più gloriose ed entusiasmanti del calcio.
Sono felice che Mazzarri abbia avuto il piacere di allenare un professionista serio e motivato come Giorgio Chiellini. Mi spiace invece molto che non abbia recepito questo spirito indomito, che in Chiellini ha visto ma non ha saputo far suo. Nella squadra che lui allena oggi, è difficile per chiunque vedere anche solo un minimo barlume di quell’indomito orgoglio che proprio l'allenatore dovrebbe saperle imprimere.
Nel frattempo, mister, faccia un salto al museo e si informi sulla storia gloriosa ed unica della squadra che ha l'onore di allenare, ha visto mai che possa servirle in futuro per evitare altri scivoloni motivazionali.
P.s. Il derby è alle porte, non perda tempo.